Gianluca Amadori
SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE di
Gianluca Amadori

Giustizia: una riforma con meno carcere, ma l'opinione pubblica vorrebbe tutti dentro

Giovedì 12 Gennaio 2023

Può funzionare una giustizia avvertita senza sanzioni? E soprattutto, può funzionare un sistema giudiziario non condiviso dai cittadini? Sono le domande che vengono spontanee dopo l'ennesima riforma, quella che porta il nome dell'ex ministra Cartabia. Una riforma di elevata civiltà giuridica, che si propone di ridurre al minimo il carcere, introducendo sanzioni alternative e percorsi di giustizia riparativa, nella convinzione che possano funzionare meglio per "riabilitare" chi sbaglia, ma che probabilmente è troppo avanzata per un Paese in cui tutti sono preoccupati per l'emergenza criminalità e troppi hanno l'abitudine a non rispettare le leggi. Una riforma che non è stata per nulla spiegata agli italiani, ai quali, al contrario, arriva costantemente il messaggio contrario: ovvero che bisogna arrestare tutti e buttare via la chiave. Messaggio ribadito in modo ossessivo da alcuni degli stessi esponenti politici che hanno votato la riforma Cartabia, i quali come nulla fosse continuano a sbandierare il tema della sicurezza per acquisire facili consensi (ovviamente da arrestere sono sempre gli altri, non gli amici e i sodali, per i quali vale la presunzione d'innocenza anche dopo la condanna definitiva).

Dopo la Cartabia però è chiaro che in carcere si finirà soltanto per pochi reati: rapine a mano armata, traffico di consistenti quantitativi di droga, omicidio. Per gran parte degli altri delitti non vi è più lo spauracchio della detenzione, né a livello di custodia cautelare (cioè prima di una condanna), né in sede di esecuzione pena (cioè dopo la condanna). Per le pene fino a 4 anni, infatti, sono previsti i domiciliari per le condanne più pesanti e sanzioni alternative per quelle più leggere: pena pecuniaria per condanne fino a un anno, lavoro di pubblica utilità fino a tre anni. Giusto? Sbagliato? Il legislatore ha scelto questa strada anche perché le statistiche dimostrano che le sanzioni alternative consentono di "recuperare" un numero superiore di persone, offrendo loro una possibilità per rimettersi sulla giusta strada. Ma per chi vive di reati, per la microcriminalità, il poter delinquere senza paura di finire in cella può essere vissuto come un via libera. Le forze dell'ordine stanno vivendo questo momento con un senso crescente di sconforto per tanto lavoro che appare inutile.

La riforma Cartabia ha introdotto una serie di novità per cercare di snellire la giustizia, di renderla più rapida, per ottenere i fondi del Pnrr. Il tetto di 4 anni, sotto il quale il carcere non è più previsto (o quasi) risponde, però, anche ad un'altra esigenza della politica: garantire l'impunità ai cosiddetti "colletti bianchi" per tutti i reati tipici dei pubblici amministratori, difficilmente puniti con pene superiori.

Ci vorrà tempo per valutare gli effetti delle novità, ma nei primi giorni di applicazione sono già esplose le polemiche per i ladri lasciati liberi anche se fermati in flagranza, con il bottino in mano, per l'impossibilità di raccogliere la querela del derubato; oppure per gli sconti in appello garantiti grazie al "patteggiamento" (prima non consentito) anche a chi ha comemsso odiosi reati di violenza sessuale nei confronti di minori.

Invece i investire risorse per il personale e riempire le cancellerie rimaste senza personale, si punta tutto sul processo telematico, sull'informatizzazione delle procedure. Ma invece di semplificare, di eliminare alcuni passaggi all'insegna di garanzie solo formali, la riforma ha introdotto l'ennesimo adempimento, l'udienza pre-dibattimentale, che rischia di allungare i tempi dei processi invece di renderli più spediti. E già si parla di riaccorciare i tempi di prescrizione, modificati da pochi anni. La Giustizia non può attendere.

 

Ultimo aggiornamento: 10:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA