Molinetto, la Procura fa ricorso. «Non si può morire per una festa»

Molinetto, la Procura fa ricorso. «Non si può morire per una festa»
REFRONTOLO (TREVISO) - «Leggeremo bene il dispositivo della sentenza e faremo le nostre valutazioni. Di certo posso dire che non si può morire per una...

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REFRONTOLO (TREVISO) - «Leggeremo bene il dispositivo della sentenza e faremo le nostre valutazioni. Di certo posso dire che non si può morire per una festa». Il procuratore della Repubblica di Treviso Michele Dalla Costa commenta così la sentenza con cui martedì - in abbreviato - il gup Angelo Mascolo ha assolto dal reato di disastro colposo e omicidio colposo i tecnici che hanno redatto il Piano di Assetto territoriale del Comune di Refrontolo, vigente quando è accaduta la tragedia del Molinetto della Croda, costata la vita a Luciano Stella, Giannino Breda, Maurizio Lot e Fabrizio Bortolin, travolti dall'onda di piena del Lierza.

 
TESI CONTESTATA
Parole che di fatto preannunciano l'intenzione della Procura di fare ricorso in appello, contestando la tesi secondo cui l'area in cui il 2 agosto del 2014 avvenne il disastro fosse stata ricompresa dal Pat tra quelle a rischio idrogeologico. Una interpretazione del documento urbanistico che sarebbe stata invece accolta dal gup, che ha assolto l'architetto Annalisa Romitelli (all'epoca dei fatti la responsabile dell'ufficio tecnico del Comune), l'architetto Leopoldo Saccon e il geologo Celeste Granziera, questi ultimi i tecnici della Tepco, lo studio che si occupò della consulenza per la redazione tecnica del Pat del Comune di Refrontolo, proprio dall'accusa di non aver inserito nel piano le prescrizioni che erano contenute nella valutazione di compatibilità idraulica del territorio redatta nel 2013 dall'ingegnere Mario Bonotto. Valutazioni di compatibilità che, è ancora oggi la tesi dei magistrati, esplicitavano i rischi ma che non si ritrovano nel testo del Pat, in cui non si farebbe riferimento a quella parte di territorio come zona pericolosa, mentre solo nella cartografia allegata al piano tutta l'area sarebbe identificata come a rischio esondazione e ristagno idrico.
LE INCONGRUENZE
Incongruenze che per il sostituto procuratore Mara De Donà, che ha coordinato le indagini, hanno impedito al Comune di Refrontolo di prendere misure che avrebbero potuto evitare la tragedia. Ad esempio vietare, come avviene oggi, qualsiasi manifestazione al Molinetto, la cui potenziale pericolosità è adesso segnalata da una evidente cartellonistica che nel 2014 non c'era. La tesi è che se la criticità dell'area fosse stata ben nota di fronte alle intense precipitazioni di quella sera (su Molinetto caddero 40 millimetri di acqua, mentre alle sorgenti del Lierza la pioggia fu un evento straordinario, con oltre 210 millimetri precipitati al suolo in 90 minuti) si sarebbe potuto intervenire per far sgombrare tutti mentre l'acqua, come confermano alcune immagini degli istanti precedenti alla tragedia, saliva gradatamente invadendo tutto lo spiazzo della festa. 
E LE PRESCRIZIONI

«Le prescrizioni sul livello di rischio erano chiare nel documento urbanistico precedente e nel Pat in vigore oggi - precisa Dalla Costa - ma non in quello vigente nel 2014. È il motivo per cui per il sindaco Loredana Collodel è stato chiesto il proscioglimento. Lei si trovò un documento già bello e confezionato e si fidò delle indicazioni che vi erano contenute da cui, secondo le indagini, non si evince praticamente nulla». Dalla Costa risponde indirettamente anche al governatore Zaia che commentando la sentenza e l'assoluzione del presidente della Pro loco Valter Scapol (assoluzione chiesta dallo stesso pm) ha parlato di una indagine che aveva messo sotto accusa con il presidente della Pro loco il mondo del volontariato. «Nessun processo al volontariato - ha ribattuto il capo della Procura trevigiana - le indagini si sono invece mosse su un piano assolutamente diverso. Quello che si voleva chiarire era la situazione relative alle misure di sicurezza che erano state adottate per lo svolgimento della festa e la eventuale necessità di avere delle specifiche autorizzazioni per installare il tendone che poi è stato travolto dall'acqua e dal fango del torrente». 
Denis Barea  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino