Credo che l’apice della crisi che si è abbattuta su tutti noi, sia questo momento che sta affacciandosi con i tentativi di ritorno alla normalità: un ritorno...
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Tra i tanti manifesti verbali pronunciati da autorevoli rappresentanti del mondo della moda , il più coraggioso ( e forse il più concreto) resta quello di Giorgio Armani che ha dichiarato di voler riportare in Italia la sua Alta Moda che presenterà a Milano prossimamente. Una dichiarazione che ha dato fiato alle voci di tanti sarti (dai famosi ai “poco noti”) che credono da sempre nell’Alta Moda , divenuta una riserva elitaria solo per chi poteva affrontare economicamente la trasferta a Parigi . La scelta di Armani si pone come conferma dell’opportunità di considerare come nuovo mercato il prodotto più alto, il meglio, il massimo, e il massimo viene sempre da lavorazioni artigianali, accurate, da quell’alta moda che negli ultimi tempi sembrava superata dal pret-à.-porter la cui gestione schizofrenica aveva raggiunto il tetto dell’impossibile denunciato da molti autorevoli attori del sistema. L’interaproduzione era diventata una sorta di carosello, un gioco mordi e fuggi, con collezioni (le famose cruise) che dopo pochissimo tempo dalla presentazione ufficiale della moda per la stagione, si proponevano con altre novità. Forse questa formula “usa e getta”, con l’intervallo forzato dovuto alla pandemia da coronavirus sarà definitivamente cancellata. Lo auspica anche un piacevole pamphlet, uscito in questi giorni a cura di Luisa Ciuni e della stlista Marina Spadafora, dal titolo “La rivoluzione comincia dal tuo armadio” .
Afferma la stilista che con il nuovo assetto di tutta la moda sarà necessario immaginarla in una sorta di economia circolare. I capi rimasti invenduti ad esempio potranno essere riciclati magari ad opera di giovani designer che sapranno renderli un prodotto stimolante e ricercato. Il recupero di tanta moda rimasta invenduta in questi mesi potrebbe dar vita a una nuova filiera. “Perchè una bella giacca deve morire?” si interroga Luisa Ciuni immaginando un nuovo umanesimo della moda, una forma di Rinascimento coinvolgente tutte le espressioni del nostro favoloso artigianato arti che prenderà l’avvio proprio dalla necessità di sopravvivere. Se vale per noi, perché non dobbiamo renderlo possibile a indumenti reinventati per resistere nel tempo?
Lo shopping di domani - profetizza il piacevole libro edito da Solferino - “dovrà diventare un atto politico”. Perché non dimentichiamo che, tra paillettes e falpalà, l’abbigliamento è la seconda voce dell’economia italiana.
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Il Gazzettino