Gianfranco Zoppas: «Sogno lo sbarco su Marte. La mia missione è creare la continuità aziendale»

Domenica 10 Marzo 2024 di Angela Pederiva
Gianfranco Zoppas

TREVISO - Da trent'anni Gianfranco Zoppas è cavaliere dell'Ordine al merito del lavoro.

Ma da venerdì sera il presidente del gruppo Zoppas Industries, classe 1943, è anche ufficialmente un "Fuoriclasse". L'imprenditore di Conegliano, uno dei simboli della storia industriale del Nordest, ha ricevuto il premio ideato dall'imprenditore veneto della grappa Roberto Castagner (devolvendone il corrispettivo in denaro alla Fondazione Airc, per sostenere la ricerca sul cancro). «Dall'alto della mia età ho visto i buoi che tiravano i carri con il fieno e le merci, ho visto volare i primi jet, ho visto qualche "telefonone" e poi i telefonini. Ora sento parlare di artificial intelligence che, ragazzi miei, non si sa dove ci porterà... Però io sono ancora qui e sono pronto a portare avanti la sfida, anche perché sono circondato da bravi figli e soprattutto da bravi collaboratori», ha raccontato davanti a una platea di 300 rappresentanti delle imprese, dello sport e delle istituzioni.

Un prodotto, una strategia, un successo: quand'è che si è sentito un fuoriclasse?
«Penso che superata questa serata, con la tensione dell'attesa, potrò finalmente considerarmi un fuoriclasse... Battute a parte, sono davvero onorato di ricevere questo prestigioso riconoscimento, soprattutto perché viene da persone e colleghi che stimo, dunque ha per me un doppio valore. La verità è che non mi sono mai sentito arrivato: il mio motto è "non mollare mai", guardo sempre avanti».

C'è quella vecchia scenetta di Carosello in cui la moglie Valeria Fabrizi, fingendo di litigare con il marito Aroldo Tieri, abbraccia il proprio frigorifero e dice: «È solido, onesto, sicuro... è uno Zoppas». Cos'ha significato nascere e crescere portando un cognome che è esso stesso un brand?
«Una volta si diceva: "Zoppas li fa e nessuno li distrugge". Finora nessuno è riuscito a distruggermi, quindi tiro avanti... E voglio essere anche un esempio per tutti i giovani, che oggi sono molto interessati a crescere. Purtroppo ce li facciamo scappare, i ragazzi vanno all'estero, invece bisogna fermarli qua. Ecco perché vorrei essere la testimonianza, molto pratica, di come si può sempre, anche in tarda età, contribuire alla crescita del territorio».

Suo padre Gino è stato l'imprenditore visionario che ha trasformato la Sinistra Piave trevigiana nell'Inox Valley italiana. Cosa le ha insegnato?
«Mi ricordo che, non so se avessi ancora raggiunto i 10 anni, mi portò a vedere la Fiera di Hannover. Parliamo del 1952-1953, all'epoca la Germania era in piena ricostruzione: addirittura i ponti erano solo Bailey, si dormiva nei rifugi che erano stati riconvertiti in alberghi. Papà mi ha sempre instillato la voglia di intraprendere, la cultura dell'imprenditorialità. Mi diceva: "Vedi? Ecco, quello bisogna trasformarlo in realtà". Logicamente poi, vedendo che questo si realizzava, diventava automatico per me essere sempre alla ricerca di una novità. Infatti nella mia vita ho sempre puntato a realizzare qualcosa di innovativo, qualcosa che mi portasse davanti agli altri. Questo è stato il segreto di tutto. E mi ha aiutato quando ho dovuto gestire il passaggio da Zoppas a Zanussi e quando sono stato chiamato a seguire la successiva transizione in Electrolux. Nel frattempo ho portato avanti anche le altre aziende del gruppo».

Irca e Sipa, da un lato le resistenze e i sistemi riscaldanti, dall'altro gli stampi e i contenitori in Pet, per un fatturato aggregato di oltre 1 miliardo di euro e più di 9.000 addetti nel mondo. Di cos'è che va più orgoglioso?
«Dello spazio: i nuovi confini, le altre realtà, la proiezione nel futuro. Come gli antichi conquistavano le terre lontane, così l'uomo contemporaneo sta conquistando lo spazio. Tant'è vero che i politici avveduti stanziano trilioni e trilioni di dollari affinché queste avventure possano fiorire. Ecco, noi ci siamo messi in pista. Il primo allunaggio mi ha aperto gli occhi. Mi sono detto: questo sarà il nostro futuro. Da quel momento è diventato per me un obiettivo non dico andare sulla Luna, ma contribuire a fornire componentistica valida per favorire quel tipo di attività. Quindi eccoci che provvediamo al settore dei satelliti nel segmento del bilanciamento termico, all'interno delle missioni promosse dall'Esa, da Rosetta a ExoMars».

Ma non è che sotto sotto si prepara a sbarcare su Marte?
«E perché no? A volte mi chiedono se mi senta io un marziano in Terra, per l'innovazione che ho portato. Mi piacerebbe tanto, ci provo...».

Il suo gruppo è fortemente internazionalizzato: export al 90% per Irca e al 95% per Sipa, stabilimenti in una quindicina di Paesi nel mondo. Come si fronteggia la complessità di una simile esposizione globale, fra pandemia e guerre?
«I tempi sono difficili. Logicamente chi è più strutturato, riesce anche a cavalcare queste situazioni e non dico a trarne profitto, ma comunque a rinforzarsi. La nostra aspirazione rimane dunque globale, perché la nostra posizione va dalla Germania alla Svizzera, dalla Cina alla Russia, dalla Serbia alla Romania, dagli Stati Uniti al Messico, oltre che naturalmente in Italia. In questo ambiente il sole non tramonta mai».

Viaggia molto per lavoro, ma rientra sempre a Conegliano. Radici ben piantate nelle colline del Prosecco, peraltro Patrimonio dell'Unesco?
«Ogni volta che parto, non vedo l'ora di ritornare. Mi sembra sempre di essere il pesce che torna al punto di partenza. Amo molto le mie colline, amo molto mia moglie e i miei figli. Questo è quello che mi lega al territorio, oltre al colloquio costante con i nostri collaboratori».

Sta affrontando il tema del passaggio generazionale?
«Direi che la mia missione adesso è quella di creare la continuità aziendale. Ho dei giovani bravissimi, dei figli bravissimi che si impegnano in tutte le maniere: gli abbiamo dato degli incarichi ben precisi e quindi sta a loro, assieme ai collaboratori, portare avanti le imprese. Certamente ci sarà sempre una grossa competizione tra i figli e i manager, perché il manager vorrebbe sempre puntare verso l'alto e sa che, fintantoché c'è un figlio, la cosa è difficile. Però lasciamo aperta la competizione. Quando le aziende hanno queste dimensioni, non possiamo fare una distinzione tra un figlio e un manager: dobbiamo fare una distinzione tra il sapere e il non sapere portare avanti un'attività. Direi che i miei si stanno distinguendo molto bene».

Trova il tempo per coltivare qualche hobby?
«Non ho rinunciato alle mie passioni. Ho girato il mondo in lungo e in largo. Nuoto e cammino, ho sciato finché ho potuto. Invece ho abbandonato la caccia, perché preferisco vedere gli animali vivi piuttosto che morti. Adoro i miei cagnolini: ne ho tre come spesa, due e mezzo come goduria, perché uno è in condivisione...».

Ha iniziato questa intervista parlando di intelligenza artificiale: la affascina il mondo del digitale e dei social?
«Se intende Facebook, Instagram, TikTok o Twitter, non ho profili personali. Uso però WhatsApp, leggo sempre i giornali sull'iPad e mi documento molto attraverso YouTube».
 

Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 11:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci