Senza il Canale di Suez il Friuli «brucia» due miliardi di euro: cosa può succedere nelle fabbriche

Venerdì 26 Gennaio 2024 di Marco Agrusti
Container fermi

Adesso c’è anche una stima. Dopo gli allarmi che facevano prevedere già qualche giorno fa una situazione potenzialmente critica per l’economia della nostra regione. La crisi del canale di Suez, causata dai continui attacchi dei ribelli yemeniti del gruppo Houthi, può costare al Friuli Venezia Giulia due miliardi di euro. E in questo caso non si tratta di un impatto che colpisce solamente il porto di Trieste.

Lo scalo marittimo è solo la “porta” per il commercio. In gioco questa volta c’è una buona fetta di tutta l’economia friulana. E in buona parte i riflessi si sentiranno nelle province di Pordenone e Udine, cioè in quei territori che fanno della manifattura e dell’import-export la loro stessa ragion d’essere. Come a dire: sarebbe sbagliato considerare l’affare solamente triestino, marittimo, lontano dal cuore del Friuli. Il blocco del canale di Suez, infatti, ha a che fare proprio sul cervello e sul braccio produttivo della nostra regione. 


IL NUMERO


Due miliardi di euro. Ecco quanto rischia di perdere il Friuli Venezia Giulia se la crisi di Suez dovesse andare avanti a lungo e se le navi portacontainer dovessero essere costrette per mesi a circumnavigare l’Africa per raggiungere il Mediterraneo e quindi anche il porto di Trieste, con costi doppi rispetto a quelli standard. È di due miliardi, infatti, il valore stimato in un rapporto ufficiale dalla Confartigianato nazionale delle merci che da e verso il Friuli Venezia Giulia utilizzano il canale di Suez come tratta principale tra Oriente e Occidente. La nostra regione sarebbe la sesta più penalizzata di tutta Italia, alle spalle delle grandi del Nord, come ad esempio Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. A chiudere la graduatoria sono Calabria (139 milioni), Molise (76 milioni) e Valle d’Aosta (50 milioni). Complessivamente, per Confartigianato, ammontano a 8,8 miliardi, 95 milioni al giorno, i danni per il commercio estero italiano tra novembre 2023 e gennaio 2024 a causa della crisi nel Mar Rosso; 35 milioni al giorno per impatto sull’export e 60 milioni per mancati approvvigionamenti.


IL PANORAMA


In merito alle destinazioni geografiche dell’export delle imprese regionali, infine, si osservano delle flessioni in corrispondenza dei principali partner commerciali. In particolare, le esportazioni verso la Germania sono diminuite del 9,7% e quelle negli Stati Uniti del 25,5% (un andamento strettamente connesso al settore della cantieristica navale). Anche la Francia (-15%) e l’Austria (-24,5%) mostrano dei passivi consistenti, così come è diminuito il valore delle vendite in Slovenia (-19,7%) e in Polonia (-27,9%, soprattutto a causa della dinamica negativa dei prodotti siderurgici). In diminuzione anche le esportazioni in Qatar (-9,4%), che comunque si posiziona al settimo posto tra i mercati di sbocco, grazie alla cantieristica navale e alla vendita di armi e munizioni. 


IL FUTURO


Il porto di Trieste però può contare su un importante investimento. «Italia ed Europa guardano con favore e puntano con convinzione sul Porto di Trieste. Il dato è significativo e molto rilevante: la disponibilità del governo centrale a finanziare il primo lotto del Molo VIII certifica una centralità di Trieste sempre più pronunciata sia in ambito nazionale che come tassello imprescindibile della catena di trasferimento e lavorazione di prodotti a livello comunitario. Diventa fondamentale rafforzare le nostre eccellenze economiche per garantire autonomia e indipendenza all’Europa; continuare a essere dipendenti da Paesi terzi figli una globalizzazione spinta sarebbe rischioso e generatore di pericoli che oggi sono sotto i nostri occhi». Così Michele Lobianco, consigliere regionale di Forza Italia, plaude alla decisione del governo «di puntare sulla piattaforma logistica triestina. I traffici in calo di questi mesi mettono a nudo i limiti di una globalizzazione viziata dall’assenza di regole omogenee. La crisi del Mar Rosso si riverbera pesantemente sull’economia mondiale e mette i porti nelle condizioni di essere destabilizzati e nel recente passato, altre enormi difficoltà sono state generate da un incidente a Panama, dalla pandemia e dall’impossibilità di trasportare componenti tecnologiche ed elettroniche dalla Cina, dalle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente».

Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 12:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci