Vivono in «aree riservate», blocchi del carcere organizzati in modo da rendere impossibile qualsiasi contatto con altri detenuti. Perché secondo alcuni, un'occhiata fuggevole potrebbe essere un messaggio; il gesto impercettibile di una mano, una condanna a morte. Ma solo un boss ha osato dire di non poterne più dei rigori del 41 bis. È Michele Zagaria, capo del clan dei Casalesi in cella a Opera, che lo scorso febbraio durante un'udienza ha raccontato di vivere «una situazione disumana» e che nessun detenuto vuole trascorrere con lui l'ora d'aria per paura di microspie. Gli altri boss ostentano indifferenza per un regime inflitto da una giustizia che non riconoscono. Sono 1.250, secondo i dati di Nessuno tocchi Caino, i detenuti sottoposti a ergastolo ostativo, pari ai due terzi dei 1.790 condannati a vita. Sono capoclan, mafiosi di grosso calibro ma anche picciotti con curriculum da killer, brigatisti rossi, terroristi, trafficanti di droga, sequestratori, chi si è macchiato di reati legati alla pornografia o alla prostituzione minorile.
Ultimo aggiornamento: 13:24
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