Delitto di Rolle: il supertestimone muore a 36 anni. A lui il killer aveva confidato l'omicidio: «Mi disse di averlo fatto per il brivido, per provare...»

Martedì 7 Febbraio 2023 di Maria Elena Pattaro
Delitto di Rolle: il supertestimone muore a 36 anni

MOGLIANO VENETO - Tra una dose e l'altra, il killer di Rolle gli aveva confessato il duplice delitto. E proprio quelle confidenze riferite ai giudici si erano rivelate un tassello fondamentale per condannare all'ergastolo Sergio Papa. Il supertestimone Charaf Eddine Bilali , 36 anni, è morto qualche giorno fa. Consumato dalla droga. Il giovane marocchino, residente a Mogliano, era stato ricoverato all'ospedale di Mestre per problemi legati alla tossicodipendenza.

I medici, purtroppo, non hanno potuto fare nulla per salvarlo. Originario di Casablanca, abitava a Mogliano dal 2006 e un anno fa si era sposato con una ragazza italiana: a celebrare le nozze era stato il vicesindaco. In città, come del resto anche nella vicina provincia di Venezia, era noto per i suoi trascorsi burrascosi e per l'abuso di stupefacenti.

Il delitto di Rolle


Ma era il delitto di Rolle, consumato a marzo del 2018, che lo aveva fatto salire alla ribalta delle cronache.

Mi ha detto che ha ammazzato per il brivido di non so, fare, provare...

Aveva raccontato ai giudici riferendo quello che gli aveva riferito Papa in un hotel a Monfalcone pochi giorni prima di essere arrestato a Mestre dai carabinieri. L'agghiacciante confessione era arrivata mentre al tg passava un servizio sulla mattanza di Rolle: i coniugi Loris Nicolasi e Annamaria Niola, 72 e 69 anni, uccisi a colpi di roncola nella loro abitazione. Un delitto che al 36enne di Refrontolo è costato la condanna all'ergastolo (passata in giudicato lo scorso dicembre) per duplice omicidio volontario aggravato, la tentata distruzione e soppressione del cadavere del pensionato, il furto aggravato della Fiat Panda con danneggiamento. Il movente? L'emozione di uccidere. Già nel processo davanti alla Corte di Assise di Treviso, e nel successivo Appello a Venezia, fra il 2019 e il 2020 era stata messa in discussione l'attendibilità del testimone.



Bilali, originario del Marocco, aveva infatti raccontato di aver conosciuto Papa in una casa abbandonata di Marghera, ritrovo di tossicodipendenti in cui si faceva uso di cocaina e hashish. Poi una notte a Monfalcone l'agghiacciante confidenza, per la Suprema Corte a tutti gli effetti una «confessione stragiudiziale», su cui in fase di deposizione il teste aveva mostrato una certa «ritrosia», reputata però «psicologicamente comprensibile» dai giudici: «Temeva concretamente (seppur irragionevolmente) conseguenze a suo carico accompagnato dalla sensazione di star violando un codice imposto nell'ambito della malavita comune». Il giovane marocchino aveva tentato di sottrarsi all'inchiesta sul delitto: prima non aveva risposto alla convocazione, poi non si era più fatto trovare, nonostante nel frattempo fosse stato addirittura arrestato per spaccio (250 grammi di hashish) e fosse stato messo ai domiciliari. Su di lui era stato emesso un mandato di cattura per evasione. Era stato arrestato un mese dopo (senza documenti) e portato in carcere a Venezia. Chiuso il capitolo giudiziario, Bilali aveva messo su famiglia, convolando a nozze. Nei giorni scorsi il triste epilogo, proprio quando sul delitto Rolle era calato definitivamente il sipario.

Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 17:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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