"Lengoa veneta", così Costenaro sollecitò Zaia: «Spero ke no te deludi»

Venerdì 16 Dicembre 2016 di Claudio Strati
Valerio Costenaro, tra i "padri" fondatori della Liga
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MAROSTICA - Della "lingua veneta" si occupa da decenni. Come quegli altri "lighisti" della primissima ora che diedero fiato e voce alla nascita del movimento. Valerio Costenaro fu uno dei fondatori della Liga Veneta, nel 1980, davanti al notaio. Anche se si distaccò presto dal movimento perché, disse, c'erano troppi opportunisti pronti a "occuparlo". Ma della lingua veneta, lui che ha girato il mondo per motivi di lavoro e che di lingue ne conosce, è sempre stato un cultore. Per cui ora che in Regione è stato fatto il passo per il riconoscimento della "minoranza" veneta e della sua lingua, guarda con interesse (anche se con la disillusione che gli ha conferito l'esperienza) alla vicenda. Ma quel passo lui l'aveva sollecitato già diversi anni fa.
 

 

«Trovo interessante il riconoscimento almeno da parte della Regione Veneto, il cui atto però ha una valenza tutta da vedere in quanto il riconoscimento deve partire dallo Stato Italiano perché la Ue lo riconosca e possa essere applicato. Infatti è competenza soltanto dello stato "nazionale-nazionalista" decidere se sei o non sei una minoranza ... linguistica - commenta Costenaro -. E pensare che quando la Lega Nord comandava a Roma con Forza Italia ha avuto oltre un decennio per dare alla Lingua Veneta questo riconoscimento: e che non l’ abbia fatto getta seri dubbi sulla vera natura della Lega di Bossi, mentre su quella di Salvini non mi pronuncio. Per quanto possa valere, comunque è un inizio. E speriamo non si tratti di una mossa di pura propaganda».

Ma già oltre sei anni fa lui aveva mosso dei passi verso l'Unione Europea. Scrisse al Commissario Europeo per il multilinguismo Leonard Orban «sulle discriminazioni patite da parlanti la nostra Lengoa Veneta e sottolineando quanto sia fondamentale ottenere il  riconoscimento». E nel novembre 2010 spedì un messaggio a Luca Zaia e a tutti i consiglieri regionali «sulla priorità assoluta di salvaguardare e rilanciare la Lengoa Veneta a tutti i livelli e in tutti gli ambiti e di battersi con tutte le nostre forze per ottenere il riconoscimento di Lingua Maggioritaria regionale ovvero di Lingua Minoritaria statuale».

«La lingua veneta è discriminata perché gli uffici pubbllici italiani - scriveva in inglese Costenaro a Mr Orban - usano solo la lingua italiana sia nel parlare sia nello scrivere, spesso rendendo dificile o impossibile alla nostra gente capire e parlare... Ciò penalizza in modo specifico tutte le genti del Veneto...». Caro Costenaro, fu la risposta dell'ufficio di Orban firmata da Adam Tyson, «posso assicurare che l'Unione Europea rispetta la ricchezza delle diversità culturali e linguistiche», ma aggiungeva anche che «solo gli Stati membri sono responsabili delle valutazioni sull'uso dei linguaggi locali. In questo campo la Commisisone Europea può solo supportare le iniziative degli stati membri e non può prendere il  loro posto in questo genere di azioni».

«Con tutto il rispetto trovo pilatesca la vostra posizione burocratica - rispose il marosticense a Tyson - e direi che la vostra posizione ricorda le giustificazioni dei nazisti a Norimberga: "Loro obbedivano solo a ordini superiori»... Qualche mese dopo Valerio Costenaro scriveva a Zaia, stavolta nella "lingua veneta" da lui così interpretata nero su bianco: «Bon dì Luca. Xe drio a vegner fora la nova diretiva da la Europa soe lengoe “minoritarie inte on stato” o “majoritarie inte na rejòn”, cofà el Veneto da noantri. Bixogna ke coe bone o coe “manco bone” la nostra lengoa veneta la sipia suito riconossesta dal stato talgian, parké se no a xe riconossua noantri Veneti restemo danovo tanto ma tanto penalixai, a dir poco. Caro Zaia, koesta del ricosimento dea nostra lengoa xe la roba pì inportante par noantri Veneti desso e te ghe da otegner sto ricosimento desso a tuti i costi. Se no te otien sto riconosimento desso, go paura ke per la lengoa veneta la sia la fine e par i Veneti no ghe sarà mai libartà… Spero ke no te deludi le speranse ke ghemo buo in ti e speto hfati e rexultadi suito desso: el tenpo passa e el tenpo dhuga contro de noantri.
Te saludo». Sei anni dopo, qualcosa pare muoversi. Non si sa con quante possibilità di riuscita.

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