L'imprenditore e la riapertura: «Provincialismo e caos burocratico, ci rimettono soprattutto le piccole aziende»

Sabato 18 Aprile 2020 di Claudio Strati
Valerio Costenaro, piccolo imprenditore di Marostica con una forte propensione all'export
MAROSTICA – Lockdown e riapertura, gli imprenditori premono, la politica dà qualche risposta, le Prefetture e le Fiamme Gialle verificano. Ma la burocrazia è sempre in agguato per complicare le cose. Da Marostica Valerio Costenaro, titolare di un'impresa che produce e vende prodotti elettromeccanici, tipica piccola azienda veneta, diciamo un esperto di burocrazia contro la quale si è battuto e si batte da decenni, segnala che in realtà non tutto è facile, soprattutto per i “piccoli”.
 
«Dopo l’ultimo decreto, per riaprire o proseguire l’attività non si può più fare la dichiarazione alla Prefettura via pec, ma bisogna passare obbligatoriamente attraverso la Camera di Commercio, con un percorso che non si può certo definire semplice – spiega Costenaro -. Il fatto è che le procedure sembrano fatte apposta per le grandi imprese, mentre diventano complicate per le piccole dove il titolare deve gestire ogni pratica in prima persona».
 
Ma non è più snello il percorso attraverso la Camera di Commercio?
«Tanto per cominciare ci sono già problemi sul codice Ateco da utilizzare. Associazioni di categoria e studi di consulenza confermerebbero che prevale quello risultante dall’attribuzione della partita Iva, e in base a ciò le aziende si comportano come da decreto. Poi se vai a vedere sul web trovi interpretazioni diverse. Ad esempio la Camera di Commercio di Prato conferma che i codici attività da dichiarare sarebbero quelli risultanti dalla visura camerale. Spesso le aziende hanno difformità tra il codice inserito in apertura di partita Iva e quello camerale. Si è verificato un certo caos. Almeno un’ora e mezza online per registrarsi, indicare tutti i miei dati che la Camera ha già, spedire la carta d’identità che avrà già avuto decine di volte. Una pratica così lunga per  accedere ai miei locali per motivi di vigilanza, manutenzione, gestione pagamenti, ricevimento merci o spedizione di prodotti già a magazzino».
 
La ragione di fondo secondo lei?
«Il solito centralismo. Che ne sa lo Stato centrale delle nostre piccole e medie imprese, che esportano in tutto il mondo e da sole e nonostante abbiano il “sistema Italia” contro? Con tutto il rispetto per la Prefettura, che ne sa delle nostre piccole e medie imprese? Semmai sono le associazioni di categoria che conoscono profondamente le aziende, come gli studi di consulenza tributaria e paghe. Quindi Confindustria, Confartigianato, Api, Cna, Confcommercio, Confesercenti, sindacati, eccetera. A queste realtà doveva essere delegata dallo Stato centrale la gestione delle chiusure e delle aperture! Invece ci siamo immersi in un percorso burocratico del tutto complicato. Pensi che all’inizio capire le autodichiarazioni era un rebus, io ci sono riuscito perché in un sito svedese c’era una spiegazione perfetta, con un facsimile compilato in lingua inglese ad uso dei cittadini svedesi in Italia. Non ho trovato dei facsimile in italiano. Abbiamo creato un sistema folle, con miliardi di copie di autodichiarazioni e fotocopie, e poi alla fine in caso di controllo l’originale viene trattenuto dal controllore e al controllato non resta nulla: una procedura perlomeno non trasparente».
 
Perché dice che le piccole imprese ora sono più in difficoltà?
«L’impianto burocratico favorisce alla grande le grosse imprese e le multinazionali, che magari dispongono di sedi e filiali all’estero. Con la loro forza sul mercato, non hanno problemi a trovare clienti stranieri che certificano i rapporti di filiera esistenti, mentre una piccola azienda invece, che magari opera attraverso distributori, fa una fatica terribile. Un cliente straniero nemmeno capirebbe il perché di una dichiarazione del genere. All’estero tra l’altro non hanno chiuso le aziende come da noi: portare e imporre la burocrazia italiana sui mercati del mondo non funziona. E’ stata una dimostrazione di provincialismo».
 
La sua clientela capisce  o no?
«Mica tanto, molti mi contattano per capire dove sono i loro ordini. Io ho deciso di aspettare che cosa decide Conte per noi il prossimo 4 maggio. Lui ha ribadito anche con il decreto del 10 aprile che “si assume ogni responsabilità…politica”. Ma il conto vero purtroppo lo stiamo pagando e lo pagheremo noi, partite Iva soprattutto piccole e medie».
Ultimo aggiornamento: 21:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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