Città del Vaticano - Braccio di ferro tra la Francia e il Libano per l'estradizione di un prete pedofilo.
La Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2013, lo ha riconosciuto colpevole di «due capi di imputazione, cioè i delitti contra sextum» (abusi sessuali) «verso tre minori» e «il crimen sollicitationis durante la confessione di una della vittime» e lo ha condannato con «l’interdizione di celebrare i sacramenti coram populo», di «esercitare qualsiasi forma di direzione spirituale, di partecipare a manifestazioni pubbliche o mediatiche». Tuttavia il Vaticano non l’ha dimesso dallo stato clericale.
Dal 2013 Labaky soggiorna in un convento a est di Beirut, ma non ha rispettato le ingiunzioni del tribunale ecclesiastico: secondo varie testimonianze, si è presentato in pubblico in Libano. Dove d’altronde gode di enorme prestigio e di coperture potenti. La nipote di Labaky, anch'essa violentata, ha affermato in passato che suo zio ha forti legami con le autorità religiose, motivo per cui in Libano sembrerebbe intoccabile.
Sono una cinquantina le minorenni (fra i 7 e i 15 anni) di cui il predatore avrebbe abusato in Francia. Il vescovo di Beirut, monsignor Paul Abdel Sater, da cui dipende Labaky, finora non ha mai voluto commentare la situazione.