Vaticano, pedofilia, il Papa resiste al pressing: «Il segreto confessionale vale per i preti che hanno commesso abusi»

I magistrati di Parigi volevano aggirare lo scoglio. Bergoglio: sacramento inviolabile

Venerdì 19 Novembre 2021 di Franca Giansoldati
Vaticano, pedofilia, il Papa resiste al pressing: «Il segreto confessionale vale per i preti che hanno commesso abusi»

CITTÀ DEL VATICANO «Il sigillo del sacramento della confessione è sacro e inviolabile.

Un punto che rimarrà fermo e irrinunciabile; per difenderlo sono disposto a metterci tutto il mio peso magisteriale». Con queste parole il Papa, durante l’ultima riunione dei capi dicastero, ha fatto scendere nella stanza dove era riunito con i suoi più stretti collaboratori di curia, un clima grave. Francesco riassumeva a cardinali e vescovi presenti l’ultimo scontro in atto. 


Un argomento delicatissimo che stavolta vede contrapposta la Santa Sede e la Francia, anche se la Francia è solo l’ultimo paese in cui è affiorato un movimento popolare favorevole alla cancellazione del segreto confessionale. C’è chi pensa, infatti, che senza il segreto confessionale a cui sono vincolati i consacrati, pena la loro scomunica, preti e vescovi potrebbero denunciare alle autorità civili con maggiore facilità di quanto non accada oggi, gli episodi di pedofilia venuti a conoscenza durante la confessione. 


INDAGINE
La pubblicazione dello choccante rapporto sugli abusi sessuali nella Chiesa francese ha fatto esplodere il caso. Davanti alle stime devastanti di circa 330 mila vittime in un arco di tempo di 70 anni, persino il magistrato che ha guidato la commissione di indagine indipendente, il giudice Jean Marc Sauvè ha indicato ai vescovi che la strada per arginare la piaga degli abusi passa anche dall’abolizione del segreto confessionale. Argomento dibattutissimo e all’origine di una bufera senza precedenti, tanto da aver indotto il primo ministro francese Jean Castex, l’8 ottobre scorso, a parlarne durante il colloquio privato con il pontefice. Ma anche in quella occasione Francesco ha fatto presente all’ospite che la questione si poteva chiudere anche subito, la Chiesa non avrebbe mai acconsentito un passo simile. Rompere il sigillo sacramentale è un atto sacrilego, anche perché la confessione non è affatto comparabile al segreto professionale, ma qualcosa che attiene alla fede e al rapporto istitutivo tra Dio e la Chiesa. Insomma, il muro contro muro.


Prima della Francia altre nazioni sotto choc per la pubblicazione di rapporti sulla pedofilia avevano inoltrato richieste simili alla Chiesa. Australia, Irlanda, Stati Uniti. La domanda era sostanzialmente la stessa: se per caso un ministro di culto viene a conoscenza di violenze su un minore durante una confessione non dovrebbe andare dritto da un magistrato o in commissariato a denunciare? 
Secondo giuristi e canonisti cattolici fare pressing per la rimozione del sigillo della confessione, solleverebbe inevitabilmente la questione della libertà di religione e di coscienza. Il diritto canonico, al canone 983, impone al ministro di culto un comportamento chiarissimo: l’inviolabilità («E’ assolutamente proibito tradire il penitente in qualsiasi modo, con la parola e per qualsiasi motivo»). Ne consegue che nessun prete, per la Chiesa, potrà mai rompere il sigillo, nemmeno per salvare la propria vita, proteggere il proprio buon nome, salvare la vita di chiunque o entrare in un processo, altrimenti si incorre nella immediata scomunica.


COLLABORAZIONE
Per capire la determinazione del Vaticano a difendere la linea della fermezza, sarebbe bastato ascoltare - tempo fa - il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, che seduto di fronte all’inchiesta indipendente sugli abusi, aveva tagliato corto: «I preti preferirebbero morire o andare in galera piuttosto che rompere il segreto della confessione». 


Nel luglio di tre anni fa una nota della Penitenzieria Apostolica scriveva che il sacramento della confessione è intangibile. Posizione poi ribadita dai vescovi australiani che alla Royal Commission assicuravano la più ampia collaborazione a snidare pedofili facendo però salvo l’impegno assoluto di proteggere il carattere sacro del sacramento. In questi giorni il presidente dei vescovi francesi, l’arcivescovo Eric de Moulins-Beaufort, dopo la pubblicazione del rapporto choc, ha detto che ora bisogna lavorare per conciliare la natura della confessione con la necessità di proteggere i bambini. Intanto è stato fissato per il 26 novembre l’udienza tra il Papa e il presidente Macron. Chissà se si riparlerà di questo tema scottante.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA