Processo Londra, la Segreteria di Stato chiede agli imputati danni per 177 milioni di euro

L'ex ministra della Giustizia, Paola Severino, legale della Segreteria di Stato, ha chiesto che gli imputati siano condannati al risarcimento dei «gravissimi danni» morali e reputazionali

Giovedì 28 Settembre 2023 di Franca Giansoldati
Processo Londra, la Segreteria di Stato chiede agli imputati danni per 177 milioni

Erano come i mercanti nel tempio.

Un giro di denari fuori controllo. E tutto era «unicamente funzionale a conferire al finanziere Raffaele Mincione ogni autonomia di azione, fuori da ogni ispezione e ingerenza». Quindi «il contrario degli investimenti cauti fatti fino ad allora dalla Santa Sede». L'ex ministra della Giustizia, Paola Severino, legale della Segreteria di Stato - parte civile nel processo avviato sull'immobile di Londra -  oggi in aula ha ricostruito dettagliatamente i momenti iniziali del disgraziato investimento. Secondo l'avvocatessa fu quello ,«il momento di passaggio, in cui c'è stato l'ingresso dei mercanti nel Tempio, consentito dal cardinale Becciu» che allora era sostituto della Segreteria di Stato, consentendo «di effettuare investimenti fuori da ogni ingerenza. Lo stesso fondo di Mincione, da fondo di commodities diventa un hedge fund puro, ed è allora che si cominciano a distrarre risorse». Lo stesso immobile di Londra, dice, «è stato sovrastimato tra i 101 milioni e i 56 milioni di sterline, con danni per l'istituzione, che aveva il 45 per cento, tra i 45,5 milioni e i 25,5 milioni di sterline». 

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Al termine del suo intervento oggi nel processo la Severino ha chiesto che gli imputati siano condannati al risarcimento dei «gravissimi danni» morali e reputazionali, che ha stabilito in 177 milioni e 818 mila euro, necessari secondo una consulenza tecnica per «una campagna di ristoro dell'immagine danneggiata» a livello mondiale. Ha chiesto anche la condanna a una provvisionale, da versare subito all'atto della condanna di primo grado, pari a 98 milioni 473 mila euro, e anche che la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento del risarcimento. Nel processo, i danni patrimoniali saranno chiesti dall'Apsa

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Ieir, invece, l'avvocato di parte civile dello Ior, Roberto Lipari, ha depositato in Tribunale la determinazione della sua richiesta di risarcimento dei fondi che sarebbero stati sottratti dagli imputati e che avrebbero intaccati i 700 milioni di euro conferiti in 16 anni dall'Istituto alle necessità della Santa Sede e accantonati dalla Segreteria di Stato. La richiesta di restituzione viene stabilita in 206 milioni 493 mila 665 euro, che si aggiungono ai danni morali, di cui Lipari ha chiesto al Tribunale una «liquidazione equitativa», e a quelli reputazionali, stabiliti da una perizia in 987 mila 494 euro. 

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Severino ha ripercorso i fatti al centro del processo «che hanno provocato un grave pregiudizio all'immagine dell'istituzione», danno che «è fuori discussione». Ha ricordato il progetto di estrazione petrolifera in Angola dell'operazione Falcon Oil, non andato in porto, ma che «ha permesso ad altri di accedere all'incondizionato controllo del patrimonio della Segreteria di Stato». L'acquisto del 45 per cento del palazzo di Londra tramite il fondo Athena di Raffaele Mincione è stato poi «il primo caso di investimento in un fondo chiuso, in cui la Segreteria di Stato era l'unico investitore e sottoscrittore, in cui veniva attribuito all'intermediario ogni potere decisionale». 

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Nel processo, ha specificato la Severino, la Segreteria di Stato chiede solo i danni morali e d'immagine, mentre i danni patrimoniali saranno chiesti dall'Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), cui il Papa ha trasferito la proprietà e la gestione dei beni e dei fondi che prima erano della Segreteria di Stato. La Severino ha parlato di investimenti destinati a soddisfare gli interessi del gestore più che dell'investitore», di continui «conflitti d'interesse», di «una serie di reati che non si interrompono mai e che hanno inizio da quell'operazione petrolifera non compiuta». Lo stesso passaggio della proprietà con l'altro broker Gianluigi Torzi «è stata motivata da un'operazione credito-debito tra Mincione e Torzi», mentre l'aumento del valore dell'immobile da 230 milioni di sterline a 275 milioni «è del tutto ingiustificato». 

«Infine, le mille azioni con diritto di voto che si era mantenuto Torzi è il clou degli artifici che sono stati creati nella vicenda», ed è allora che la Segreteria di Stato si rende conto «di aver acquisito una 'scatola vuotà», in quella «che il nuovo sostituto mons. Pena Parra ha definito una via crucis». Intanto, l'emergere della vicenda ha determinato l'uscita di 50 mila articoli in 130 Paesi del mondo con titoli come «Sacco in Vaticano», «Marcio in Vaticano», «Sperpero di denaro per i poveri», «La prima Sezione trasformata in centrale per investimenti speculativi», con paragoni anche con lo scandalo del Banco Ambrosiano. 

Gli avvocati del cardinale Becciu, accusato di peculato, ritengono che la richiesta fatta dai legali delle parti civili sia «scontata, il cardinale è innocente. Le richieste di risarcimento del danno sono in linea con il ruolo dalle stesse tipicamente svolto nei processi. Ma il cardinale Becciu non ha commesso alcun reato e conseguentemente non ha arrecato alcun danno. Il suo agire è stato sempre ispirato alla tutela della Santa Sede. Il processo lo ha dimostrato in modo netto e pertanto confidiamo nel giudizio terzo ed imparziale del Tribunale»

Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 09:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA