Becciu: «I cattolici tornino alla politica, ma da protagonisti»

Domenica 14 Ottobre 2018 di Franca Giansoldati
Becciu: «I cattolici tornino alla politica, ma da protagonisti»
Sulla facciata di San Pietro, i volti dei nuovi santi, raffigurati su maxi arazzi, ondeggiano nel vento. Due sguardi intensi catturano l'attenzione più degli altri: quello buono di Paolo VI, quello magnetico di Oscar Romero, il vescovo ucciso in Salvador nel 1980 da un killer ignoto, su ordine di mandante conosciuto: la dittatura militare di quel tempo. Due grandi vite con un medesimo sfondo: l'impegno sociale e politico, un percorso lungo il quale la fede si è allargata a sensibilità, visioni, battaglie di valore più grande.
Cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione dei Santi, Paolo VI è stato un pontefice che ha esaltato l'impegno dei cattolici in politica. Perché viene canonizzato in un momento in cui i cattolici sembrano quasi marginali?
«Viene canonizzato perché tutto è pronto per dichiararlo santo. La circostanza a cui lei accenna è puramente casuale. Paolo VI ha esaltato tantissimo l'impegno dei cattolici in politica nel senso che credeva nei valori. Montini da quando era giovane prete in Vaticano si occupava dei giovani universitari, la FUCI, e prevedendo che prima o poi il fascismo sarebbe crollato e l'Italia sarebbe tornata al sistema democratico si adoperò nella formazione di giovani che potessero diventare i futuri dirigenti del Paese».
Ma oggi è vero o non è vero che i cattolici sono scomparsi dalla politica italiana?
«In effetti è impressione comune che i cattolici non siano più protagonisti come un tempo nella gestione pubblica del Paese. Restano sì posizioni individuali, anche apprezzabili, ma si deve riconoscere che manca un contributo organico. Con questo non voglio affatto parlare della riesumazione di un partito unico, ma della necessità che si propongano come gruppo fiero di un patrimonio di tutto rispetto di idee, di cultura, di dottrina sociale da mettere a servizio del Paese. Abbiamo bisogno di uomini coraggiosi che sappiano coniugare i valori evangelici in cui credono con i valori democratici e costituzionali. Non dimentichino la frase di Paolo VI: la politica è la forma più alta della carità».
Paolo VI, negli anni Sessanta, subito dopo aver celebrato una messa di Natale a Pietralata, una delle borgate della Roma più degradata, denunciò al Sindaco democristiano di allora, Darida, le condizioni inaccettabili di vita in quelle periferie. L'anno seguente, sempre per Natale, celebrò la messa a Taranto, tra i lavoratori dell'Ilva. Che tipo di esempio propone ai cattolici Montini?
«Un modo per dimostrare come un Pastore non può chiudere gli occhi davanti alla sofferenza dei suoi figl».
Non vede oggi nella Chiesa questa medesima passione?
«Certo che la vedo. Ci sono tanti vescovi che si attivano con iniziative concrete (le Caritas sono attive in tutto il territorio nazionale!) e che fanno opera di denunce pubbliche; ci sono pronunciamenti da parte della Conferenza episcopale a favore di chi soffre. Tanti attacchi al presidente della Cei per la questione dei migranti lo stanno a dimostrare. Forse un tempo ci si esprimeva di più in campo politico in quanto la Chiesa godeva di maggior spazio e di influenza potendo contare su uomini che si ispiravano ai suoi insegnamenti».
Eppure da diverse parti viene avvertito un certo vuoto...
«Se i vescovi intervengono (il cardinale Becciu ride, ndr), vengono tacciati di interferenza con le cose italiane. Se non lo fanno, si avverte il vuoto. Probabilmente si dovrebbero muovere e farsi sentire di più i laici impegnati, le associazioni, senza aspettare che dall'alto arrivi il via libera. Forse dovrebbero avere più coraggio, e non aspettare sempre il vescovo di turno. A ogni modo mi pare che l'appello del presidente della Cei a una rinnovata presenza dei cattolici nella politica sia da condividere».
Cosa si può ricordare dell'appello alle Br per la liberazione di Moro?
«Fu un gesto coraggioso. L'Italia era sotto una cappa di piombo, attorno si respirava tristezza e forte preoccupazione per la sorte di Aldo Moro. Vi era la diatriba tra chi voleva che si negoziasse con i Brigatisti per la sua liberazione e chi era contrario perché era inconcepibile che lo Stato dialogasse con un gruppo eversivo quale dovevano considerarsi le Brigate Rosse. In questo contesto apparve la lettera del Papa. La sua formulazione fu un pressante appello che partiva dal cuore di un padre per la liberazione di colui che considerava figlio e amico e dall'altra fu un'espressione letteraria di prim'ordine in cui si cercò di non ledere le prerogative dello Stato e contemporaneamente la dignità degli uomini delle Brigate rosse».
A che punto sono le cause di beatificazione di Giorgio La Pira, Alcide De Gasperi, don Sturzo?
«Sono modelli che incoraggerebbero e illuminerebbero i cattolici in politica. Le cause più avanti sono quelle di La Pira e di don Sturzo. Per De Gasperi è ancora tutto fermo alla fase diocesana».
Montini è stato un grande riformatore che ha rinnovato la curia come oggi la conosciamo: è ancora attuale quella riforma?
«Direi che mantiene ancora la sua attualità. Paolo VI ebbe il compito di rendere concreti gli orientamenti del Vaticano II, lo fece con grande impegno. La curia romana si regge su quella impostazione che in seguito fu ritoccata da San Giovanni Paolo II e che ora è sottoposta ad un ulteriore progetto di revisione».
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Ultimo aggiornamento: 11:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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