Violentata in casa per anni, la ragazzina salvata dal cugino: lui registra tutto e consegna gli audio agli zii

Mercoledì 6 Settembre 2023 di Egle Priolo
La sede di procura generale e Corte d'appello

PERUGIA - Violenze andate avanti per anni.

Con le mani - di chi avrebbe solo dovuto aiutarla a crescere - troppo spesso arrivate a violare la sua infanzia e adolescenza. Eppure, nonostante il dolore, la vergogna e lo schifo, ha deciso di tenere tutto dentro, per paura di «non essere compresa». Ma quando ha capito che quelle mani avrebbero potuto infilarsi addosso alla sorella più piccola, oggetto del nuovo desiderio dell'orco che avevano in casa, è implosa. Si è confidata per disperazione con un'amica e con il cugino e proprio lui ha preso in mano la situazione. Ha capito il dramma della cugina e soprattutto che forse non sarebbe mai riuscita a parlare con “i grandi” di quanto subito per anni dal compagno della nonna. Il giovane coraggioso allora ha registrato gli sfoghi della ragazzina e poi quelle parole e quei racconti drammatici li ha consegnati agli zii.

Inizia così la fine dell'incubo per una ragazza, oggi 21enne, che da quando aveva undici anni, nel 2013, è stata molestata dal convivente della nonna (e non della zia, come emerso inizialmente). Una storia raccontata ieri su queste colonne e di cui ora emergono particolari ancora più inquietanti. La giovane, infatti, per cinque anni – secondo il capo di imputazione e i suoi racconti – ha subito atti sessuali da quell'uomo quando si trovavano in casa da soli «essendo tutti i familiari diversamente impegnati», ricostruisce la sentenza di secondo grado. Sentenza che ha confermato la condanna a sei anni e sei mesi di reclusione (più varie interdizioni e il pagamento di oltre 40mila euro alle parti civili), nonostante l'accorato appello basato sulla tardività della denuncia, ma anche sulla contraddittorietà delle dichiarazioni della ragazzina, con i fatti «inizialmente collocati fino a 2-3 anni precedenti la querela per poi essere successivamente pre-datati sino a sei anni prima». L'uomo a un parente aveva solo confermato un episodio, ma «attribuendolo all'iniziativa della giovane». Che invece, una volta trovata la forza di denunciare per salvare la sorella dello stesso destino, ha messo in fila anni di molestie, di palpeggiamenti mentre magari studiava o guardava la tv, soffermandosi sullo «stato di “paralisi” che le derivava dal trovarsi di fronte alle iniziative di un adulto che, anche fisicamente, la sovrastava».

Racconti che, nonostante i motivi di appello, sono stati considerati credibili anche se denunciati sei anni dopo: «L'emergere progressivo» degli abusi «è tipico di situazioni di questo tipo, connotate dal dilaniante conflitto interiore della vittima», ha scritto infatti la Corte d'appello presieduta da Paolo Micheli nelle motivazioni della sentenza depositata all'inizio di luglio e riportata dal Notiziario penale Corte d'appello - Procura generale. «L'attendibilità della persona offesa dal delitto di violenza sessuale non è compromessa dal decorso di tanti anni dal momento in cui erano iniziate le condotte illecite al momento della denuncia dei fatti», si sottolinea in merito alla decisione numero 97/2023. Nelle motivazioni d'appello si fa riferimento anche alla sentenza di primo grado secondo la quale la ragazza aveva fornito una ricostruzione «dettagliata, lineare, lucidissima e mai contraddittoria» a fronte del «prolungato insondabile silenzio» dell'imputato. Silenzio che l'uomo ha spiegato come «confusione» per non riuscire a «rendersi conto degli eventi», «confusione protratta al punto da non riuscire a parlare neppure in udienza». Al contrario, invece, anche il tribunale di primo grado aveva sottolineato la «particolare attendibilità» della ragazza che aveva spiegato le ragioni per cui non aveva denunciato «per diversi anni» nel «timore di non essere compresa». Fino a quando, appunto, ricostruisce ancora il collegio d'appello «aveva trovato nella preoccupazione per la sorellina» la forza di confidarsi e far partire le indagini. Anche grazie all'iniziativa del cugino, che ha dato il coraggio a chi non se lo sapeva dare. Davvero, a differenza di chi avrebbe magari dovuto dargli l'esempio, da vero uomo.

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