Smartphone a dieci anni: Perugia, per centinaia di ragazzi incubo cyberbulli

Giovedì 6 Ottobre 2022
Un momento dell'incontro alla Sala dei Notari

PERUGIA - Chi di voi ha uno smartphone?».

Oltre trecento mani si alzano. «Chi ha un profilo social o whatsapp?». Idem. «Chi vuole parlare di qualche atto di bullismo o chiedere qualcosa?». Neanche un dito alzato. Tra questi estremi si muove il mondo dei ragazzi. Sempre più virtuale e sempre meno reale come quello degli adulti, ma decisamente più preoccupante perché nella maggior parte dei casi (anche se succede sempre di più pure tra gli adulti) il rischio di un uso non consapevole è concreto.

Per questo c’è bisogno di educare i ragazzi. Di mandarli a lezione di utilizzo dei social. Ma c’è bisogno anche di educarli con qualcosa che resti impresso, che sia una specie di pugno allo stomaco. Per toccare quasi con mano i danni che il bullismo su internet e social network può fare. Fino ad arrivare a togliersi la vita.
Questo il senso di “Un abbraccio vale molto più di mille like” incontro ieri alla Sala dei Notari che ha visto protagonisti gli studenti del liceo Pieralli, tra quelli in sala e quelli collegati via internet dalla scuola. Presenti il vice sindaco ed assessore con delega alle politiche giovanili e scolastiche Gianluca Tuteri, il questore di Perugia Giuseppe Bellassai,la dirigente della polizia postale Michela Sambuchi, la dirigente scolastica del Pieralli Simona Zoncheddu, Paolo Picchio, presidente onorario di Fondazione Carolina (con l’intervento “Le parole fanno più male delle botte – La storia di Carolina), Ivano Zoppi, presidente di Pepita onlus e segretario generale della fondazione Carolina, Diego Buratta, formatore di Pepita onlus (Prevenire casi di cyberbullismo a casa e nei contesti educativi”. Moderatrice Stefania Panza.

E proprio il tema delle problematiche psicologiche, del male di vivere legato a fenomeni di cyberbullismo è stato al centro degli interventi e del racconto raccapricciante di come in pochi giorni è finita la vita di Carolina, quattordicenne torinese. I dati presentati dal vice sindaco fanno paura e fanno riflettere: il 50% dei ragazzi che subiscono il bullismo sviluppano stati d’ansia o depressione. L’ulteriore problema è che la metà di quel 50% sviluppa patologie psicologiche in forma cronica o perché non è stato riconosciuto il disagio da parte di genitori e medici o per la mancata presa in carico da parte dei servizi. Specie perché i ragazzi in sala hanno raccontato di avere telefonino e social dall’età di 10 anni. «I ragazzi – ha tenuto a precisare il questore - sono una grande risorsa e la Polizia di Stato sarà sempre al loro fianco».

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