PERUGIA Se le famiglie sono state formiche in questi ultimi mesi, le imprese ancora di più.
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Un processo di accumulazione non legato necessariamente all’andamento del fatturato che pure, stando alle valutazioni degli imprenditori, ha premiato il settore alimentare per quanto riguarda il mercato interno, il comparto dei prodotti chimico-farmaceutici e cartari per quanto attiene l’export. «L’accumulo di liquidità da parte delle imprese non è detto sia associabile solo ai settori che hanno meno sofferto nell’emergenza», si fa notare dal Nucleo ricerca economica della filiale di Perugia di Bankitalia. «Oltre alle imprese dei settori che hanno “beneficiato” della crisi (grande distribuzione o industria dei comparti coinvolti nelle protezioni e nella sanificazione) potrebbero essere presenti imprese che, pur sottoposte a chiusure, avevano un sistema di relazioni commerciali che, ad esempio, ha consentito loro di rinviare anche i pagamenti “a monte”. Oppure, vi sono imprese che avevano progetti di espansione che sono stati rinviati nella fase attuativa. Più in generale possiamo dire che questo può dipendere anche dalla loro pregressa situazione di bilancio». Mancando segnalazioni bancarie individuali sulla raccolta delle imprese, difficile dire quali delle ipotesi possa essere prevalente. «Ad esempio – osservano ancora i ricercatori Bankitalia - si possono verificare casi di imprese “solide” e in settori non colpiti (eccessivamente) dalla crisi generata dall’emergenza sanitaria che hanno accumulato liquidità per semplice prudenza nei confronti di un’incertezza sul futuro molto aumentata».
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I numeri al 30 giugno dicono che in un anno le imprese in Umbria custodivano un tesoretto di 5,237 miliari di euro, con una crescita del 17,6%: trend proseguito nel terzo trimestre. «Dopo le tensioni successive allo scoppio dell’emergenza –sostengono gli economisti di Bankitalia - anche i depositi delle imprese hanno ripreso a crescere in misura robusta: la maggiore liquidità affluita al sistema produttivo umbro a seguito delle misure adottate dalla BCE e dal Governo è stata in buona parte trattenuta in risposta alla crescente incertezza sull’evoluzione del quadro congiunturale e per la minore propensione a investire. L’incremento ha raggiunto a settembre il 29,2%». È aumentata la consistenza di conti correnti (+7,3%) e depositi a risparmio (+7,6%), ma soprattutto ha preso vigore il comparto “titoli”, con 479 milioni investiti in un anno in azioni (+1.168%) e altri 32 milioni dirottati su quote di fondi di investimento o altri prodotti finanziari di organismi di gestione collettiva del risparmio.