Carabineri indagati a Foligno, quei piaceri a un uomo arrestato per droga

Sabato 15 Ottobre 2022 di Luca Benedetti e Giovanni Camirri
La caserma dei carabinieri a Foligno

FOLIGNO Sette anni e mezzo fa un carabiniere uccise il collega con un colpo di mitraglietta alla fine del turno di notte. Adesso nella caserma dei veleni di Foligno c’è un’inchiesta per concussione, falso in atto pubblico e tentativo di cessione di stupefacenti. La scossa è fortissima, perché le accuse pesantissime riguardano due militari: il numero uno della stazione, il comandante, luogotenente Francesco Matalone e il brigadiere Gianluca Insinga. Il procedimento è stato aperto dalla procura di Spoleto guidata da Alessandro Cannevale dopo che due colleghi dei carabinieri hanno presentato un dettagliato esposto su quello che succede (ipotesi) nella caserma dei veleni dove nel maggio del 2015, l’appuntato scelto Emanuele Armeni uccise con un colpo di mitraglietta il collega, parigrado, Emanuele Lucentini.
Giovedì, per l’inchiesta su concussione, falso, e tentativo di cessione di droga, i carabinieri del Comando provinciale di Perugia (reparto operativo) hanno eseguito una perquisizione personale, locale e informatica nei locali della compagnia folignate, passando al setaccio anche gli uffici dei due indagati.
Nel fascicolo d’inchiesta (i pm titolari sono Michela Petrini e Vincenzo Ferrigno) sarebbero cristallizzati i rapporti di uno dei due carabinieri con un pregiudicato albanese arrestato per droga a cui sarebbero stati fatti dei favori per fargli conoscere atti dell’indagine. Secondo fonti giudiziarie, ci sarebbe stato anche il tentativo di sottrazione di corpi di reato, in particolare di un certo quantitativo di droga che poi uno dei due avrebbe cercato di rivendere. Sono in corso accertamenti per verificare se la droga sottratta fosse in qualche modo legata all’arresto dell’albanese che avrebbe ottenuto favori da uno dei militari dell’Arma. Eppoi, sempre secondo l’accusa, ci sarebbe un accesso abusivo a dei tabulati telefonici per verificare con chi avesse avuto contatti una persona conosciuta da uno dei due indagati, ma che sarebbe estranea alle ipotesi di reato che legano i due carabinieri al fascicolo aperto dalla Procura spoletina. Ipotesi di reato di competenza distrettuale che potrebbe portare una parte del fascicolo alla Procura di Perugia.
Intanto, la difesa di uno dei due carabinieri, divide le responsabilità dei due sottufficiali. Lo fa lo studio legale Brunelli che assiste Gianluca Insinga e che spiega come il brigadiere «non è coinvolto in alcun modo nei reati di concussione e spaccio oggetto delle indagini della Procura di Spoleto. Nei suoi riguardi è ipotizzata la sola accusa di falso; confidiamo quanto prima di chiarire la sua estraneità anche rispetto a questa meno grave imputazione».
L’inchiesta va avanti da mesi e giovedì la svolta della perquisizione nei locali della Compagnia, in pieno centro cittadino, ha dato un’accelerata all’indagine che si è mossa nel più assoluto riserbo. Ma adesso c’è una città sotto choc.
IL PRECEDENTE
Il 16 maggio del 2015 un colpo di Beretta M12 S2 uccise l’appuntato scelto Emanuele Lucentini, 50 anni.

Quel colpo lo sparò all’alba il compagno di pattuglia, Emanuele Armeni, stesso grado ma minor anzianità di servizio. Armeni, alla fine dei tre gradi di giudizio, sta scontando 18 anni di carcere per l’accusa, sempre respinta, di omicidio volontario.

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