Smart material, ecco la spugna del futuro: trasforma l'acqua del mare in acqua potabile

Lunedì 12 Aprile 2021 di Paolo Travisi
Smart material, ecco la spugna del futuro: trasforma l'acqua del mare in acqua potabile

Tra i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile inseriti dall'Onu nell'Agenda 2030, che i 193 paesi aderenti si sono impegnati a raggiungere rientra la disponibilità dell'acqua. Una sfida complessa, che il team di ricercatori del gruppo Smart Materials dell'IIT, guidato da Despina Fragouli, sta trasformando in un'opportunità, grazie all'innovazione tecnologica dei materiali intelligenti.

Dai laboratori di ricerca è nata la spugna in grafite espansa che rimuove il 99,99% dei sali presenti nell'acqua di mare, trasformandola in acqua potabile. Un esempio di smart material a basso costo, che potrebbe fare la differenza nei paesi carenti sia di acqua che di risorse economiche. Secondo l'Onu, circa 2 miliardi di persone nel mondo faticano a trovare acqua potabile. 

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Qual è il problema principale della carenza d'acqua? «L'acqua è molto inquinata dall'uso sia in industria che in agricoltura e non viene ripulita dagli inquinanti perché non è semplice rimuovere tutte le sostanze che la rendono non potabile. Inoltre per l'acqua del mare, disponibile in enormi quantità, risulta dispendiosa la desalinizzazione sia dal punto di vista economico che energetico, un sistema poco sostenibile su larga scala».

Perché ha sentito l'urgenza di occuparsi di questo problema? «Perché l'acqua esiste in grandi quantità ma è inutilizzabile perché non ci sono metodi adeguati per recuperarla. Sappiamo, però, che il sole è una fonte di energia non del tutto sfruttata, tutto questo mi ha dato la motivazione per cercare un materiale utile per rendere l'acqua potabile».

All'IIT si occupa di materiali intelligenti. Cosa sono? «Materiali che possono avere determinate applicazioni, per le quali non sono nati in origine. Per esempio, con la plastica possiamo creare una bottiglia, ma anche un materiale intelligente che cambia colore se l'acqua all'interno è calda. Significa che possiamo realizzare materiali che interagiscono con l'ambiente e fornire informazioni o determinate funzioni con l'attivazione di uno stimolo».

Che ruolo riveste la tecnologia in questi processi? «La tecnologia rende possibile combinare diversi materiali insieme, sia artificiali che naturali. E le combinazioni non finiscono mai, perché possiamo partire da materiali ben conosciuti, ma una volta combinati possono avere dei risvolti inediti e quelle funzioni di cui abbiamo bisogno».

È quello che avete fatto nel vostro laboratorio, con la spugna in grado di rendere potabile l'acqua di mare. Com'è fatta? «È una combinazione di tre elementi. Il primo è polvere di grafite espansa, un materiale molto poroso che interagisce con la luce del sole. Assorbendola la spugna si riscalda. Gli altri elementi sono due diversi polimeri che hanno la funzione di legare le polveri di grafite, rendendo il materiale solido ed allo stesso tempo assorbono l'acqua, contenendola nella loro struttura».

E come riesce a desalinizzare l'acqua? «La spugna assorbe l'acqua, ma scaldandosi con il sole e trattenendo il calore permette all'acqua di trasformarsi in vapore, senza l'elemento salato. In laboratorio abbiamo creato una piccola struttura, che poi consente il recupero dell'acqua in forma di vapore, ma possiamo ipotizzare la realizzazione di una struttura più grande che ne permetta il recupero sistematico. Il risultato è un materiale leggero, che può assorbire molta acqua ed è soprattutto economico».

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La spugna, in rapporto alla sua grandezza, quanta acqua è in grado di produrre? «Un grammo di spugna può recuperare due grammi di acqua, quindi il doppio del suo peso».

A quale temperatura inizia a scaldarsi, quindi ad iniziare il processo di desalinizzazione? «Quando la spugna arriva a 30°, l'acqua inizia ad evaporare, ma per raggiungere questa gradazione non serve che la temperatura esterna dell'ambiente raggiunga i 30 gradi, poiché è necessaria solo la luce del sole. Dai nostri test abbiamo calcolato che una spugna ad una temperatura di 17°, esposta ad una lampada che simula la luce solare, dopo pochi minuti raggiunga i 30° utili all'evaporazione. Sono sufficienti circa 18° esterni».

Può recuperare solo l'acqua dal mare? «No, può recuperare anche l'umidità dell'aria. La spugna intrappola l'umidità sempre attraverso i polimeri e poi la luce solare fa evaporare l'acqua. È in grado di funzionare anche in presenza di un'umidità base di circa il 30%».

Non esistono altri materiali in grado di svolgere questa funzione? «Ci sono diversi studi sui materiali fototermici in grado di desalinizzare l'acqua, ma sono materiali più difficile da realizzare, e soprattutto più cari. L'innovazione della nostra ricerca è soprattutto nell'economicità del metodo produttivo, riproducibile su larga scala in aree del mondo dove l'economia non è molto sviluppata».

L'innovazione della vostra spugna è anche la sua sostenibilità, perché non ha bisogno di energia. Come potrebbe essere applicata su larga scala? «Ovviamente serve l'intervento dell'industria, che potrebbe fabbricare grandi lotti di questo materiale, inserito in un impianto in cui ci sia la disponibilità di acqua marina ed il riscaldamento solare. Stiamo già dialogando con aziende interessate ad integrare il nostro materiale nel loro sistema produttivo».

Si può ipotizzare l'impiego della spugna anche per altre applicazioni, per esempio l'acqua inquinata? «Stiamo iniziando a lavorare anche per recuperare l'acqua pulita da quella inquinata, che contiene metalli pesanti, pesticidi, coloranti e che rende necessario modificare la spugna per questa applicazione».

Potrebbe essere usata anche come kit di sopravvivenza, per chi opera in siti di emergenza o lavora a bordo di navi? «È un'idea a cui stiamo lavorando, per esempio quando si verificano disastri ambientali dove l'acqua non è più potabile. In questi casi la spugna intelligente potrebbe adattarsi in situazioni di emergenza». 

Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 10:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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