Un tour che parte dall’Italia c’è: è quello di Paul Davison e Rohan Seth, i due fondatori di ClubHouse che hanno scelto la community italiana per iniziare a presentarsi ai propri utenti al di fuori degli Stati Uniti.
In the wake of recent conversations, we wanted to share some thoughts regarding what we stand for as a company, what we will and will not tolerate, and how we plan to empower conversation hosts with better moderation tools. https://t.co/wVJGklXF1Z
— Clubhouse (@joinClubhouse) October 1, 2020
E mentre l’oretta di “townhall” scorre tra testimonianze, storie e ringraziamenti ai fondatori, loro promettono anche di pensare a chi sta investendo tempo e lavoro su ClubHouse, pensando a forme di monetizzazione.
Per il resto, molti i mantra che spesso abbiamo sentito arrivare dalla Silicon Valley e che passano dal tono entusiasta di Paul Davison: «Si tratta di un social network che ha l’obiettivo di essere più umano, che faccia sentire meglio chi partecipa, rispetto al momento in cui è entrato. Un posto in cui ognuno si senta il benvenuto».
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Stephanie Saffa Simon, Head of community and Content per ClubHouse, ha stilato un bilancio dell’uso della piattaforma nei primi mesi in Italia: «Abbiamo notato con interesse che avete fatto nottata qui sopra, specialmente durante Sanremo. Siete stati collegati fino alle 2 e addirittura alle 4 del mattino, per commentare le serate, vincitori compresi, i Maneskin». Stessa sorte per lo sport, con particolare riferimento alle regate dell’Americans Cup.
“Siamo contentissimi di essere qui – ha aggiunto Davison – e siamo anche molto vicini alla traduzione italiana dell’app”.
Molte domande restano sospese, ma lui invita a non tenerle per sé, ma a inoltrarle attraverso il sito joinclubhouse.com (qui)