Il Santiago Bernabeu è il trionfo della tecnologia.
Uno stadio che da icona del calcio diventerà modello per tutti gli impianti del futuro.
I DATI BIOMETRICI
Il nuovo stadio del Real non è l’unica novità del calcio che cambia. Per quanto riguarda la nostra serie A, ad esempio, è al vaglio della Lega, con un approfondimento atteso già nei prossimi mesi (sarà sottoposto anche al governo), un progetto che prevede di proporre la firma di una liberatoria a chi acquista un titolo di accesso allo stadio, che sia un biglietto o un abbonamento, per l’utilizzo dei propri dati biometrici, limitatamente agli usi necessari, che possono andare dall’apertura dei tornelli, esattamente come succede con l’attivazione delle app, fino all’individuazione certa e veloce di violenti e razzisti. L’opportunità di utilizzare i dati biometrici per l’accesso agli impianti sportivi, come già avviene negli aeroporti, è dibattuta dal 2018, quando le due squadre di baseball di New York, gli Yankees e i Mets, hanno introdotto un sistema simile prima solo per giocatori e staff poi, dal 2021 anche per i tifosi. In Italia, però, l’ipotesi di rilevare e utilizzare l’immagine digitalizzata del volto negli stadi si è arenata di fronte a due problemi. Il primo è legato alla privacy e alle norme che la regolano. La seconda è di ordine pubblico: si costringerebbe il personale di sicurezza a un super lavoro durante le partite. I vertici della nostra serie A ritengono di poter superare questi ostacoli.
NUOVI STRUMENTI
Ed è utile ricordare i miglioramenti nel nostro calcio grazie all’introduzione di tecnologie, sempre sulla spinta della Lega di serie A. In primis, risale al 2012, del sistema Hawk-Eye (occhio di falco). In Italia, dopo un iniziale scetticismo, è stata introdotta a partire dalla stagione 2015-2016 per segnalare se il pallone abbia oltrepassato o meno la linea di porta e dunque convalidare le reti. Certo, la tecnologia non ci tiene a riparo da errori. Il 18 giugno 2020 il sistema commette il suo primo errore ufficiale, in Premier, Aston Villa-Sheffield United, non segnalando come valido il gol segnato da Oliver Norwood dello Sheffield perché la visione delle telecamere era oscurata dai calciatori in campo (la partita è terminata 0-0). Questo sistema esiste da tempo, intorno al 2004-2005, nel tennis e nel cricket. E che dire del Var, Video Assistant Referee? Viene usata esclusivamente in quattro casi, definiti determinanti per lo sviluppo della partita e del risultato: assegnazione di un gol; assegnazione di un calcio di rigore; espulsione diretta (non quella per doppio giallo); errore di identità (scambio del calciatore da ammonire o espellere con un altro). Il rugby sfrutta un sistema analogo che prende il nome di Tmo, ovvero Television Match Officer.
IL FUORIGIOCO
Infine, da inizio anno l’ultima novità in termini di tecnologia è stato il «semi-automated offside», il fuorigioco semiautomatico, già visto all’opera al Mondiale in Qatar. In sostanza, consiste in 12 telecamere installate nello stadio, oltre a quelle delle televisioni, che tracciano 29 «punti-dati» di ogni singolo giocatore, indicando con ancora maggior accuratezza la sua posizione in campo. Una sorta di mappatura completa. E c’è un microchip installato nella palla che permette di fare la stessa cosa anche con la sfera, solo in maniera più intensiva. La sala Var riceve segnali sullo spostamento del pallone 500 volte al secondo. Questi dati vengono inoltrati a un Avar dedito specificamente al fuorigioco che verifica e comunica la decisione al Var e all’arbitro in campo. Qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa.
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