Festival delle Scienze, la scrittrice Licia Troisi: «Per la passione, la meraviglia è fondamentale»

L'intervista all'astrofisica e celebre autrice fantasy: sabato 20 aprile sarà ospite del Festival della Scienza

Mercoledì 17 Aprile 2024 di Valeria Arnaldi
Licia Troisi

«Nello spazio nessuno può sentirti urlare» era la frase scritta sulla locandina del film Alien di Ridley Scott, nel 1979.

Film e citazione hanno segnato la storia del cinema e dell'immaginario. Non stupisce che al Festival delle Scienze di Roma, la frase sia stata ripresa come titolo dell'incontro cui, sabato, prenderà parte Licia Troisi, astrofisica, con dottorato in astronomia, e scrittrice fantasy italiana più venduta al mondo, che ha appena pubblicato il suo primo thriller, La luce delle stelle. «E sto lavorando al secondo – confida - che spero di far uscire il prossimo anno».

A farsi spunto per l'evento però è un altro dei suoi volumi, Astrofisica per ansiosi. Tutti i modi in cui l'universo potrebbe ucciderci. 

Come si rende coinvolgente la scienza? 
«Errori e meraviglia, tema di questa edizione del festival, sono due elementi che possono avvicinare le persone alla scienza. L'indagine scientifica parte sempre dalla meraviglia e l'errore fa parte dell'indagine. Per la divulgazione, stimolare la curiosità è molto più importante di quanto non sia trasmettere nozioni, che poi si dimenticano mentre il senso di meraviglia rimane». 

Nelle sue narrazioni, la scienza si mescola con il fantasy
«La scienza serve anche per creare mondi altri. Quando inventi una realtà devi renderla plausibile. La scienza aiuta l'immaginazione, serve a rendere realistico ciò che non è reale. Avvicina mondi lontani grazie all'esperienza». 

E il giallo?
«Il protagonista è un detective astronomo. Sentivo il bisogno di raccontare le dinamiche del mondo scientifico». 

La competitività è così forte come la dipinge? 
«La selezione dei ricercatori avviene proprio attraverso una competitività molto forte, che può andare perfino a scapito della scienza. Si viene spinti a pubblicare continuamente, prima degli altri. Non tutti sono bravi a lavorare sotto pressione». 

Come mai ha scelto di dedicarsi all'astrofisica? 
«Avevo quindici anni quando ho deciso. Conosco scienziati che lo sono diventati perché conquistati da Star Trek o da 2001: Odissea nello spazio. Io sono rimasta affascinata dai libri di Asimov». 

Tutti stimoli esterni alla scuola. 
«Geografia astronomica non si approfondisce molto. Vengono considerate più importanti altre materie, come la fisica. Studiare le stelle richiede complesse basi di matematica, gli studenti non hanno gli strumenti».

Come è nato “Astrofisica per ansiosi”? 
«Facendo divulgazione da astronoma, ho notato che la gente mi chiedeva di questo o quell'asteroide nel timore che cadesse sul pianeta. È normale avere paura, conosciamo lo spazio fino a un certo punto e ci sono fenomeni che non capiamo. La mia prima e unica eclissi di sole l'ho vista in Cile e nonostante io ne conosca la spiegazione, c’è qualcosa di naturale, animale, nella paura che si sente quando il cielo si oscura e fa più freddo. Il libro è nato per cercare di placare le ansie». 

L'ipotesi di catastrofi cosmiche che distruggono il mondo affascina, a giudicare dai molti film. 
«Credo che pensare alla fine sia naturale, a partire dalla fine della vita. A ciò poi, nel 1945, si è aggiunta la paura della bomba atomica, che ha cambiato il modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo. Il timore dell'autodistruzione c'è, tra olocausto nucleare e cambiamenti climatici». 

Quali sono i timori più diffusi? 
«L'asteroide, appunto. D'altronde, quello di Cheliabinsk, esploso nell'atmosfera nel 2015, ha fatto danni incredibili. Poi ci sono i buchi neri e la paura che uno ci “mangi” c'è. Senza dimenticare i rischi legati al sole, ora nel periodo di massima attività, per tempeste solari e simili». 

E cosa spaventa più lei? 
«La crisi climatica, perché ne vediamo gli effetti». 

Si parla molto di viaggi e stazioni interstellari, come immagina il domani? 
«Penso che sia possibile vivere nello spazio. In dieci/vent'anni, vedremo sicuramente una base stabile intorno alla Luna, probabilmente anche sulla sua superficie. Sarà difficile che la nostra possa diventare una specie interstellare, le stelle sono troppo distanti. C'è però un progetto promettente che proprio nell'ottica di questi viaggi studia l'ibernazione. Non credo che vedrò la colonizzazione di Marte. Basi sui pianeti rocciosi sono plausibili ma ancora lontane. L'astronomia è simile alla storia, non si può sperimentare ciò che si teorizza. Potersi muovere nell'universo e vedere se le teorie sono vere sarebbe affascinante».

Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 07:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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