Non è tutto da buttare, elementi per costruire il futuro e dare un senso alla stagione, ci sono. Sta a Fonseca coglierli, valorizzarli. E salvare se stesso, anche: si sa, il suo contratto si prolunga in automatico con il raggiungimento della Champions (poi è sempre la società che farà la sua valutazione). Partiamo da un dato numerico che vale poco ma è comunque qualcosa: rispetto alle prime due gare del girone di andata, la Roma nelle due del ritorno ha fatto due punti in più (zero a Verona, uno in casa con la Juve nella prima parte, tre e zero nella seconda). La Roma è una squadra di qualità, con molti talenti, alcuni accertati (da Pellegrini, poi l’assente illustre Zaniolo), altri inesplorati (Villari, Ibanez, Kumbulla, Mayoral, gente che paga il prezzo dell’inesperienza e mostra ancora una certa discontinuità, specie quando il livello si alza), in divenire. Questi ragazzi hanno bisogno di stare a contatto con leader, da soli possono bruciarsi, non rendere al meglio: ad esempio, la mancanza di Smalling, per i difensori bambini, alla lunga diventa pesante. La Roma ha anche calciatori un po’ più attempati, di spessore internazionale, che possono trascinarla verso l’obiettivo. Che devono fare la differenza e per certi versi, in tante occasioni, l’hanno fatta. E parliamo di Dzeko, terzo cannoniere della storia giallorossa, Mkhitaryan tra gol (9 in campionato) e assist (8) ha il rendimento tra i migliori, per ruolo, in Europa, poi lo stesso Smalling (che paga molti problemi fisici quest’anno), più Pedro, quest’ultimo una vera e propria multinazionale del trofeo.
IL CALENDARIO AIUTA
Altro dato confortante: la Roma sa fare gol, lo dimostrano le 44 reti segnate in campionato (come il Napoli): meglio hanno fatto Inter (51) e Milan (45).
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