Roma, con Fonseca sono 8 i tecnici Usa e getta

Sabato 27 Marzo 2021 di Stefano Carina
Roma, con Fonseca sono 8 i tecnici Usa e getta

Sono 8 tecnici nell’era Usa, con il nono pronto a subentrare se Fonseca non porterà a casa l’Europa League o la qualificazione in Champions.

Addirittura 11 dal 2009: numeri che rappresentano un’anomalia. Non l’eccezione. Perché se è vero che tra le attuali big della serie A, la Juventus dal 2011 ha sostituito 4 tecnici (Conte, Allegri, Sarri e Pirlo) come la Lazio (Reja, Petkovic, Pioli e Inzaghi), il Napoli 5 (Mazzarri, Benitez, Sarri, Ancelotti e Gattuso) e l’Atalanta 3 (Colantuono, Reja e Gasperini), i casi delle due milanesi sono simili a quello giallorosso. Il Milan ne ha cambiati quanto la Roma (Allegri, Seedorf, Inzaghi, Mihajlovic, Brocchi, Montella, Gattuso, Giampaolo e Pioli) mentre l’Inter è andata oltre con 10 (Gasperini, Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini, De Boer, Pioli, De Vecchi, Spalletti e Conte) anche se 6 sono concentrati in 2 stagioni (2011-12 e 2016-17).

RISCHIO DÉJÀ VU
Cambiare così tanto non ha agevolato il processo di crescita. Di certo non le ha regalato nemmeno un trofeo. Ora con l’approdo dei Friedkin è quantomai auspicabile che il trend possa cambiare. Se appare lecito per una nuova proprietà scegliersi l’allenatore sul quale puntare (Fonseca è un’eredità della precedente gestione), la sensazione che sia arrivato il momento d’investire su un tecnico di ‘nome’ è molto forte. E non perché gli allenatori vagliati sinora non siano bravi o di talento. Amorim, dopo aver vinto da esordiente col Braga la coppa di Portogallo, sta regalando lo scudetto allo Sporting dopo 20 anni; Conceiçao ha già vinto due campionati e da poco ha eliminato la Juventus in Champions; Nagelsmann appare essere l’enfant prodige del calcio europeo; Juric ha dimostrato con il Verona quanto sia valido ad allenare e far crescere i giovani. Chi più chi meno, rappresenta però un déjà vu di pallottiana memoria. Almeno come profilo. Anche Luis Enrique, infatti, veniva considerato (come poi si è dimostrato con Barcellona e Spagna) un predestinato; Di Francesco aveva lavorato benissimo con il Sassuolo; Garcia portava in dote lo scudetto con il Lille; Fonseca con lo Shakhtar; Zeman era un cavallo di ritorno con il quale si voleva abbinare il bel gioco ai giovani.

Uniche eccezioni: Ranieri (entrato in corsa) e Spalletti che all’epoca aveva bisogno di rilanciarsi in Italia e poi, a fronte dell’offerta dell’Inter, decise di cambiare aria. Ripercorrere in estate un cammino già battuto, rischia di incrinare il consenso unanime che ora godono i Friedkin. Non è certo colpa loro se la Roma, pronta a cambiare anche il tecnico della Primavera e quindi a salutare De Rossi sr, non vince nulla dal 2008 ma è una situazione con la quale debbono convivere e non sottovalutare. Regalare ad un nuovo progetto la garanzia tecnica di un allenatore come Sarri (difficile Allegri che vede nei giallorossi una carta di riserva), permetterebbe alla società di dotarsi di un ombrello a fronte di possibili difficoltà iniziali. Sarri rappresenta l’identikit ideale: vincente (scudetto+Europa League), conosce il nostro campionato, ha lavorato già in una piazza simile a Roma (Napoli), regala un calcio offensivo. Poi è chiaro: il toscano nel lungo periodo da non solo non basterebbe. Oltre alla green-line di Pinto, servono calciatori già pronti. Almeno nei ruoli chiave: portiere, regista e centravanti. Ma questo è/sarà un altro discorso. 


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