Teatro Ariston, storia, significato del nome, biglietti e curiosità: quest'anno il ritorno alla normalità dopo il Covid

Normalmente usato come cinema e per spettacoli teatrali di vario genere, è diventato famoso in tutta Italia perché dal 1977 ospita annualmente il Festival della Canzone Italiana

Lunedì 5 Febbraio 2024
Teatro Ariston, storia, significato del nome, biglietti e curiosità: quest'anno il ritorno alla normalità dopo il Covid

L'Ariston è uno dei più noti teatri d'Italia, location del Festival di Sanremo. Il nome deriva dal greco «ἄριστον», che significa «migliore». L'Ariston di Sanremo è stato voluto dal commendatore Aristide Vacchino che acquistò il terreno negli anni '40: la sua famiglia detiene ancora la proprietà della struttura da tre generazioni.

I lavori durarono dal 1953 al 1963.

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Ariston, la storia della casa del Festival

Normalmente usato come cinema e per spettacoli teatrali di vario genere, è diventato famoso in tutta Italia perché dal 1977 ospita annualmente il Festival della Canzone Italiana, comunemente noto come Festival di Sanremo, nato nel 1951 e che in precedenza si teneva nel salone delle Feste del Casinò Municipale della città dei fiori.

I biglietti per assistere dal vivo a Sanremo 2024 sono andati sold out in pochissimo tempo. Dal 6 al 9 febbraio per un posto in platea si spende 200 euro, 110 per quelli in galleria. Per la serata finale, invece, i prezzi vanno da 360 a 700 euro.

Il ritorno alla normalità dopo il Covid

Quest'anno per il teatro segna definitivamente il ritorno alla normalità dopo il Covid, con la sala stampa di nuovo all'Ariston Roof. A raccontare all'Adnkronos il dietro le quinte del festival di ieri e di oggi è il patron dell'Ariston, Walter Vacchino. Quest'anno, racconta Vacchino, «ci sono stati miglioramenti per alcuni settori con la ripartizione degli spazi per ottimizzare quelle che sono le lavorazioni e le necessità dello spettacolo. Abbiamo, quindi, ripreso finalmente l'assetto pre-Covid», sala stampa compresa che negli ultimi anni, a causa della pandemia, era stata spostata al Casinò: «era una bellissima sala stampa» ma al Roof «tutto è concentrato e il loro lavoro si svolge meglio». Ma c'è di più: «Sono contento di riavere i giornalisti all' Ariston perché un festival senza di loro non è un festival», aggiunge Vacchino. E l'Ariston Roof quest'anno compie 30 anni: «La sala stampa è arrivata nel '94, prima era nel Ritz, ovvero nella sala collocata sotto il teatro ed era molto caratteristica perché c'erano ancora i telefoni a gettoni. Abbiamo assistito all'evoluzione della professione, dal gettone al cellulare».

Il festival, quindi «ha attraversato un'epoca anche sotto l'aspetto multimediale con la capacità oggi di andare ovunque». «Come dico sempre - racconta il proprietario dell'Ariston - il festival è finito nelle tasche dei ragazzi che con il cellulare riescono a guardarlo per intero. Sono rimasto stupito di come sia naturale per loro la visione dell'emozione anche dal telefono».

Il Festival "diffuso"

E a chi a volte dice che ci vorrebbe una nuova sede per il festival, Vacchino risponde: «come in una perfetta simbiosi, l'Ariston si è adattato al festival e il festival si è adattato all'Ariston». In questa evoluzione, «è scattato quello che oggi fa la differenza, ovvero un festival diffuso con tanti palchi che attraversano le piazze e le strade di Sanremo. Il festival, dunque, è diventato una manifestazione di tutta la città». Da Casa Sanremo al glass di Fiorello, passando per tutti i track davanti al casinò: «Si tratta di una diffusione dei punti di comunicazione che danno l'amplificazione al festival 24 ore su 24».

L'edizione del festival più importante? Vacchino non ha dubbi: «Quella del Covid». Parliamo, dunque, del 2021 quando Amadeus e Fiorello hanno affrontato la conduzione senza pubblico: «È stata l'edizione più importante dal 1951 ad oggi, quella più difficile. La sfida è stata farla con la volontà di portare leggerezza nelle case degli italiani». C'è voluto tanto coraggio che «la Dea Bendata ha voluto poi premiare». «I Maneskin hanno vinto e il loro nome è andato in giro per il mondo. Hanno vinto l'Eurosong che è poi tornato a Torino». Grazie a quell'edizione «c'è stata una circolarità di buone notizie». Infine, il FantaSanremo: «Non gioco per motivi di tempo, ma l'idea mi piace e mi diverte. È un altro palcoscenico che si aggiunge a quello ufficiale».

Ultimo aggiornamento: 17:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA