Savoia, l'eredità tra ville, gioielli e diademi: ecco il tesoro lasciato da Vittorio Emanuele ("conteso" dallo Stato)

Lunedì 5 Febbraio 2024, 12:26 - Ultimo aggiornamento: 7 Febbraio, 08:16

La storia

L’abolizione della tredicesima disposizione sul finire dei ’90 ha permesso a inizio Duemila a Vittorio Emanuele di tornare in patria. Negli anni ‘60 i Patti di Helsinki avevano cancellato la pena di morte e la pena dell’esilio, ma sarà l’accademico torinese, il professor Giorgio Lombardi a farsi portatore in sede europea delle istanze dei Savoia che desideravano poter tornare in Italia. Al tempo del governo Berlusconi, ministro un altro professore, Marcello Pera, arrivò così per i Savoia il sì al rientro. Ma le richieste non si fermarono qui. Vittorio Emanuele anni fa aveva ricevuto a Ginevra una bozza di accordo dall'Italia, oltre al ritorno in patria, ai Savoia sarebbe stato accordato sulla carta anche di poter disporre di un palazzo dove risiedere quando in Italia, e una scorta per garantirne la sicurezza. Da li, Vittorio Emanuele aveva espresso anche il desiderio di tornare in possesso della quadreria di re Umberto al castello di Racconigi, ispirandosi a quello che ero stato l’accordo stipulato in Francia col conte di Parigi, discendente dell’ultimo sovrano di Francia. Ma oltre al rientro in Italia, nessun palazzo né quadreria fu resa. E parlando di Francia, per secoli i Savoia sono stati proprietari dell’abbazia di Altacomba dove nell’83 fu sepolto re Umberto. Poi l’abbazia è stata ceduta allo stato francese.

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