Val di Zoldo. L'allarme del sindaco: «Siamo soffocati dalle richieste di cittadinanza dei brasiliani, va cambiata la legge»

Domenica 14 Aprile 2024, 04:10 - Ultimo aggiornamento: 16:58


LA LOGICA


Il ragionamento del sindaco prosegue così: «La cittadinanza, a voler essere precisi, è stato chiarito, è uno status e non un diritto. Sembra una sottigliezza di poco conto, invece è fondamentale. La cittadinanza è, o per meglio dire a questo punto, dovrebbe essere, un rapporto giuridico fatto di un complesso di diritti e doveri, un legame effettivo con lo Stato di appartenenza. E se la cittadinanza ad uno straniero residente (non oriundo) viene concessa solo in presenza di questo effettivo legame, con compiute verifiche, per quale motivo ai discendenti cosiddetti di sangue, dopo quattro o cinque generazioni e in prospettiva anche dopo venti generazioni, viene riconosciuta senza che questo nemmeno metta piede in Italia e meno ancora conosca minimamente la lingua, la cultura o abbia alcun rapporto con lo Stato? Tutto ciò è ragionevole, e quindi conforme alla Costituzione?». Premesse che servono a De Pellegrin per concludere: «Vuol dire forse che esistono due modi diversi di essere cittadini di uno Stato? Quindi la cittadinanza non è un valore certo e in qualche modo da proteggere a prescindere? È ragionevole, e dunque conforme a Costituzione, che non vi sia un limite generazionale nella trasmissione della cittadinanza? A queste e a molte altre domande è seguita una risposta pressoché univoca. Serve una riforma della legge sulla cittadinanza iure sanguinis. Al Parlamento adesso spetta prendere seriamente in considerazione questo problema, prima che la palla di neve diventi una valanga».

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