VENEZIA - Ore 9.05 del 5 ottobre 2022, via Mestrina in centro a Mestre. Renato Boraso entra nella sede dell’agenzia immobiliare Anamù, dove ha appuntamento con la titolare Stefania Moretti. All'ottavo minuto di conversazione, captata dal trojan installato dalla Guardia di finanza sul suo cellulare, l'allora assessore comunale dice: «Andiamo sui grandi numeri... ci sono un sacco di piani di lottizzazione fermi... fermi». Lui li elenca a voce e lei li annota su un foglietto: «Favaro, Campalto e dintorni».
Lo spunto investigativo sembra promettente, perciò da quel momento l'inchiesta Palude entra virtualmente nella casa di Luigi Brugnaro. Il sindaco di Venezia, benché indagato per corruzione, non verrà mai intercettato. Invece le telefonate della sua compagna, che pure non risulterà mai iscritta, saranno monitorate per mesi. Al punto che quando la professionista riceverà la chiamata di una parlamentare, anche quel dialogo finirà nell'archivio della Procura, dove si trova tuttora a disposizione per l'ascolto da parte delle difese dei 34 soggetti di cui è stato chiesto il rinvio a giudizio.