Infarto e ictus, scoperti i meccanismi che li accelerano in caso di ansia, depressione e stress

Martedì 7 Novembre 2023, 21:44 - Ultimo aggiornamento: 21:50

Il meccanismo

Lo studio conferma dunque l’esistenza di uno stretto legame tra cuore e mente, che può trasformare ansia, stress e depressione in fattori di rischio organici, in grado di danneggiare in particolare cuore e cervello.
Che ansia e depressione, fossero correlate alle patologie cardio-vascolari era noto da tempo. La novità introdotta da questo studio è quella di aver individuato il meccanismo alla base di questo legame.
«Nella nostra ricerca – Civieri - abbiamo individuato un meccanismo che sembra ampiamente spiegare questo legame tra fattori psicologici e malattie cardiovascolari». Il team è andato ad esaminare i dati di oltre 71 mila adulti (età media 49 anni), conservati nella Biobanca del Mass General Brigham.


Nessuno di loro all’inizio dell’osservazione presentava patologie cardiache, ma il 16% era in trattamento con farmaci per l’ansia o la depressione. Andando a valutare in un arco temporale di 10 anni la comparsa di nuovi fattori di rischio cardiovascolari, i ricercatori hanno evidenziato che il 38% dei soggetti esaminati aveva sviluppato un fattore di rischio come ipertensione, ipercolesterolemia o diabete di tipo 2.
Ma nelle persone con diagnosi di ansia o depressione questi fattori di rischio si presentavano in media 6 mesi prima degli altri e il loro rischio di incorrere in un evento cardiovascolare maggiore (infarti o ictus) aumentava del 35% circa. Secondo Civieri, il 40% del link tra depressione/ansia e infarto/ictus può essere spiegato appunto dall’accelerata comparsa di un fattore di rischio classico per malattie cardiovascolari.

Ricordiamo, per esempio, che una condizione di stress continuativo e prolungato si associa sia a un aumento della pressione arteriosa che può sfociare in ipertensione conclamata. Inoltre, nelle persone con una maggiore predisposizione genetica allo stress (valutata con il test di rischio poligenico per nevrosi), la comparsa di un fattore di rischio tradizionale risultava anticipata in media 1,5 anni rispetto agli altri. «La comparsa anticipata di un fattore di rischio cardiovascolare di 6 mesi e il fatto che l’analisi genetica ha confermato quanto rilevato all’osservazione clinica – riflette Civieri – è molto intrigante e rafforza la solidità dei nostri risultati».

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