Grazie ai progressi della medicina si vive sempre più a lungo. Ma i nostri organi inevitabilmente invecchiano. Ecco perché la grande sfida delle scienze mediche dei prossimi anni sarà riuscire a riempire di salute e di qualità di vita questi anni guadagnati. A cominciare dalle performance del cervello, che rappresenta la nostra identità, il nostro passato e il nostro essere al passo col presente, con la capacità di continuare ad immaginare il futuro. E per vedere quanto è “fit” il nostro cervello, oltre ai test neuropsicologici, capaci di cogliere le sfumature del decadimento cognitivo sul nascere, il più importante strumento diagnostico di imaging è la risonanza magnetica nucleare (Rmn) cerebrale. «Per avere un esame affidabile e di grande precisione - come ha di recente affermato alla trasmissione Rai Check-Up il professor Alberto Pierallini, Direttore dell’Unità di Diagnostica per Immagini dell’Irccs San Raffaele di Roma – è importante intanto scegliere il posto giusto dove effettuarlo; le apparecchiature più precise delle quali disponiamo oggi sono le risonanze cosiddette a ‘3 Tesla’, che hanno una potenza doppia, rispetto a quelle della generazione precedente.
ANALISI
Ma la macchina, per quanto precisa, da sola non basta. «Le immagini vanno interpretate con precisione da un neuro-radiologo esperto – sottolinea il professor Pierallini - per riconoscere le eventuali alterazioni legate all’età, che interessano il cervello, come il resto dell’organismo, ma anche per non cadere nell’eccesso di diagnosi. A volte vengono interpretate come lesioni degenerative o vascolari, immagini di altro significato». Ma qual è dunque alla Rmn l’identikit dell’invecchiamento normale, fisiologico e come distinguerlo dalle patologie vere e proprie, come ad esempio la demenza legata all’età? La parte nobile del cervello, quella che ci permette di formulare pensieri, di muoverci e che in qualche modo definisce e descrive la nostra personalità, cioè il nostro essere una persona unica e irripetibile, è la corteccia cerebrale, lo strato più superficiale del cervello.
«A partire dai 60 anni – spiega il professor Pierallini – la corteccia cerebrale si assottiglia, come si vede molto bene in risonanza magnetica. Lo spessore si riduce di circa lo 0,5-1 per cento l’anno, a livello dei lobi prefrontali e temporali (responsabili delle funzioni esecutive, della memoria di lavoro, della pianificazione, ma anche del controllo degli impulsi e delle emozioni), fino ad arrivare ad una perdita di spessore dell’1-2 per cento l’anno nella parte interna dei lobi temporali e in particolare dell’ippocampo, struttura fondamentale per la memoria e il comportamento di un individuo».
PARAGONE
«Per avere un termine di paragone, nelle persone con Alzheimer, la regione dell’ippocampo si riduce del 3 per cento l’anno. Tutte queste alterazioni di volume vengono esaminate in risonanza magnetica e sono valutate attraverso apposite scale che misurano l’atrofia globale, l’atrofia corticale e quella del lobo temporale». Ma l’invecchiamento non si limita a colpire la parte corticale del cervello, la cosiddetta “materia grigia”. Anche la parte sottostante e più interna del cervello, la “sostanza bianca”, viene interessata da questa atrofia progressiva, legata all’età. «Dai 50 agli 80 anni – spiega il professor Pierallini – questa parte del cervello si riduce di volume del 20 per cento circa; inoltre compaiono alla RMN una serie di piccole alterazioni, dall’aspetto simile a “puntini” isolati, equivocati a volte per lesioni vascolari, mentre non lo sono; possono poi comparire lesioni di grado intermedio, ancora compatibili con un assetto cognitivo normale, ma che richiedono un’attenta valutazione cardio-vascolare, per arrivare poi a lesioni francamente patologiche».
DISTURBI
In presenza di disturbi della memoria, magari segnalati dai familiari o di episodi di disorientamento temporo-spaziale, oltre alla RMN, il neurologo consiglierà una serie di esami, dai test cognitivi, alla PET con FDG (fluoro-desossiglucosio) per definire meglio la diagnosi. Lo stile di vita è fondamentale per mantenere in forma il nostro cervello, che è un organo “plastico” (in grado di “rimpiazzare” fino ad un certo punto le cellule perse, ad esempio dopo un ictus, “imparando” a vicariarne la funzione con altre aree cerebrali), ma non in grado di rigenerarsi. Per questo è importante trattarlo bene sin da giovani, con una dieta equilibrata, esercizio fisico regolare (che giova anche alle persone non più giovani e a quelle affette da Parkinson o da demenza), poco (o niente) alcol, astensione completa dal fumo di sigaretta e controllo scrupoloso di ipertensione arteriosa, diabete e ipercolesterolemia. Molto importante infine è mantenere allenato il cervello, anche coltivando una vita di sociale e di relazione piena.