Città del Vaticano - Ha pregato per i poveri di Roma e del mondo, per gli emarginati, ha sostato davanti alla lapide commemorativa di tutte le vittime della miseria e poi, lasciando la basilica di San Giovanni in Laterano, dove ha celebrato la messa per la Dedicazione della Basilica, Papa Francesco si è fermato alcuni istanti con la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che ha assistito in prima fila alla celebrazione. Un saluto, alcune parole, sorrisi ma nell'omelia, nemmeno una parola, un cenno, anche se velato, sulla situazione di decadimento della Capitale. Ancora una volta il Papa ha preferito evitare ogni riferimento al degrado generale e sotto gli occhi di tutti per evitare evidentemente imbarazzi alla prima cittadina.
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Il Papa si è rivolto ai romani e li ha esortati a portare, come un fiume, speranza e gioia: «I cristiani che abitano in questa città sono come il fiume che scaturisce dal tempio, portano una parola di vita e di speranza capace di fecondare i deserti dei cuori, come il torrente descritto nella visione di Ezechiele feconda il deserto dell’Araba e risana le acque salate e senza vita del Mar Morto. L’importante è che il corso d’acqua esca dal tempio e si diriga verso terre dall’aspetto ostile. La città non può che rallegrarsi quando vede i cristiani diventare annunciatori gioiosi, determinati a condividere con gli altri i tesori della Parola di Dio e a darsi da fare per il bene comune».
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In un altro passaggio dell'omelia ha incoraggiato ad andare avanti così. «Che la Madre Chiesa di Roma possa sperimentare la consolazione di vedere ancora una volta l'obbedienza e il coraggio dei suoi figli, pieni di entusiasmo per questa nuova stagione di evangelizzazione. Incontrare gli altri, entrare in dialogo con loro, ascoltarli con umiltà, gratuità e povertà di cuore. Vi invito a vivere tutto questo non come uno sforzo gravoso, ma con una leggerezza spirituale: invece di farsi prendere da ansie di prestazione, è più importante allargare la percezione per cogliere la presenza e l'azione di Dio nella città».
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