Ha deciso di fare l'infermiere perché il suo cuore venne affondato dalla morte del nonno Giovanni che adorava. Nel frattempo ha continuato a seguire anche la sua passione per lo sport, in particolare per il basket. Ha militato in serie C nel ruolo di playmaker, e ora è il coach della Vis Nova di via dei Sabelli, a San Lorenzo. Si è laureato in Scienze infermieristiche e lavora presso l'ospedale San Giovanni Addolorata. «Giovanni, come mio nonno...» dice pensando che anche nel lavoro che svolge ogni giorno ci sia la protezione del nonno.
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LA MISSIONE
Mette subito in chiaro: «Non chiamate noi infermieri eroi, siamo solo professionisti che fanno il proprio lavoro». Il suo motto è: «Io resto in corsia, tu resta a casa». Spiega che non ha paura, ma non perché è incosciente, ma perché, come i suoi colleghi, è preparato e da una settimana, da quando sono arrivate mascherine molto più protettive, con gli altri infermieri ha deciso di farle usare solo a chi è in contatto con casi positivi di coronavirus o sospetti. Alan Aloisio, 38 anni, è uno sportivo nell'anima, e un infermiere: «Lavoro in Emodinamica - dice - dove arrivano pazienti con infarto».
LA VITA IN CORSIA
Come vive questi giorni di emergenza? «Ci vuole sangue freddo, noi infermieri non dobbiamo mai mollare soprattutto psicologicamente e quando i miei amici mi ringraziano per quello che faccio e mi dicono che sono un eroe rispondo sempre che è soltanto il mio lavoro. Con i colleghi sappiamo bene cosa significa lavorare in ospedale e non solo in questi momenti di emergenza. «Non sono in ansia semplicemente perché i mie colleghi ed io siamo preparati, certamente adottiamo ancora più precauzioni del solito, ma siamo abituati alle emergenze. Ricordo ancora una particolarissima giornata di lavoro: era il primo maggio, c'erano il concertone in piazza San Giovanni per la festa dei lavoratori, e altri due eventi, uno per il Giubileo. Io - dice - lavoravo in pronto soccorso: ci furono molte emergenze ma le ho affrontate sempre con la testa. In questi giorni sono preoccupato soltanto per mia figlia: con la mia compagna, anche lei infermiera, abbiamo una bimba di tre anni, e non sopporterei di essere io il veicolo di contagio del coronavirus».
LE PROTEZIONI
Con voce ferma, Alan racconta le sue giornate per i corridoi dell'ospedale.
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Venerdì 27 Marzo 2020 di Laura BoglioloMa le mascherine le avete? «Una settimana fa circa sono arrivate protezioni migliori di quelle che avevamo, ma non sono sufficienti dal punto di vista numerico e con i colleghi abbiamo deciso di usarle solo quando si è in contatto con casi positivi o dubbi. Insomma, siamo uniti e molto solidali tra di noi». L'attività di coach di Alan ovviamente si è interrotta da quando il Governo ha imposto le giuste restrizioni. «L'ultimo allenamento della Vis Nova in via dei Sabelli - spiega Alan - è stato venerdì sei marzo, ma continuo a sentire i miei ragazzi e a incoraggiarli. Atleti come loro si sentono in gabbia senza potersi allenare, ma li rincuoro e gli dico che presto ci sarà un nuovo avversario da sconfiggere e devono tenersi pronti mentalmente». Per Alan la concentrazione e il sangue freddo sono molto importanti. «Sia come coach che come infermiere non bisogna mai abbassare la guardia, mai lasciarsi prendere dal panico. E cerco di sostenere i miei ragazzi dicendogli di non uscire, come faccio io dopotutto». Alan, ogni giorno rischia la sua vita, sa bene quale è pericoloso, e lascia la sua casa solo per andare a lavoro o per attività necessarie. «Mia moglie ed io usciamo solo per fare la spesa, sappiamo entrambi quali siano i rischi di questo maledetto coronavirus».