Ancora quattordici giorni e anche la sfida amministrativa sarà alle spalle, ma nel frattempo nelle città dove si andrà al ballottaggio ci si interroga sui possibili flussi di voto che potrebbero spostarsi e spingere alla vittoria i candidati.
Nessuno si apparenta, anche perché nessuno principale candidati perdenti è disposto a cedere il suo pacchetto di voti, ma anche coloro che vanno al ballottaggio puntano ai voti più che a stringere un’intesa che avrebbe conseguenze anche sulla possibile futura giunta.
A Roma i due candidati arrivati al ballottaggio, Michetti e Gualtieri, si disputano i voti di Calenda e Raggi. Sulla carta il candidato del centrosinistra sembra avvantaggiato avendo la possibilità di pescare in elettorati affini visto che Calenda viene dal Pd e il M5S intende costruire un’intesa con i dem.
Ma i ballottaggi hanno storia a se. Soprattutto perché sono stati tantissimi gli elettori rimasti a casa e che probabilmente hanno punito in questo modo non solo i candidati perdenti. Michetti a Roma e Damilano a Torino, ma anche Dipiazza Trieste, lamentano una mobilitazione limitata del proprio elettorato al primo turno e ora cercano di recuperare.
Ma oltre che a spostare voti per vincere al ballottaggio tutti i candidati devono riportare i propri elettori al seggio e aggiungere quelli che, per pigrizia o contestazione, hanno disertato domenica scorsa. Compito non facile. Nel 2016 a Torino, Piero Fassino staccò di dieci punti la sfidante Appendino, ma ha poi perso di otto punti al secondo turno.
Nessun risultato è quindi scontato, ma la vera incognita sarà la partecipazione che va a picco ormai da anni nelle elezioni amministrative.Non a caso Giorgia Meloni, che scelto il candidato per Roma, ha chiesto al centrodestra massima unità.