Ripartire «dal lavoro», «uniti», nel segno della prudenza e della collaborazione istituzionale, sulla base di indicazioni «ragionevoli e chiare del governo». È il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a indicare la rotta, in un primo maggio di lockdown per il coronavirus, dopo settimane di «sacrifici» e «angoscia». Lunedì inizierà la fase 2, con il ritorno al lavoro di 4,5 milioni di persone. Poi un nuovo step è atteso il 18 maggio ma in alcune aree a basso contagio le aperture, assicura Giuseppe Conte senza indicare date, arriveranno «prima del previsto».
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Non basta però ad arrestare le sortite solitarie di alcuni presidenti di Regione. Il premier prova a parlare a un Paese dove il lavoro è messo «a dura prova» e si avvertono «rabbia e angoscia» anche per le «prospettive di lavoro a rischio». Risponde su Facebook alle domande di una ristoratrice, un barbiere e un'estetista: spiega loro che se il contagio cala potranno tornare presto al lavoro. Ma intanto chiede «scusa» per i ritardi nei pagamenti di finanziamenti e fondi stanziati per l'emergenza.
E promette nuovi aiuti «più pesanti, più rapidi, più diretti». La Lega coglie come «timidi segnali» le scuse di Conte e l'ipotesi di aperture più ampie: «Sospendiamo l'occupazione delle Aule di Camera e Senato». Non si arrestano invece le tensioni nella maggioranza. Matteo Renzi tiene alti i toni della sfida al premier, denunciando una «politica della paura» e un «terrorismo istituzionale» sui dati: Conte dia «risposte» a partire dal lavoro, ripete, o Iv strapperà. Difendono Conte il M5s, che con Vito Crimi paragona il «qualunquismo populista» di Renzi a quello di Salvini, e il Pd, che con Andrea Orlando dice che l'unica alternativa a questo governo sono le elezioni.
«Viene prima il Paese delle maggioranze parlamentari: gli italiani vogliono fatti, non litigiosità», interviene Roberto Fico.