«Questa casa, che fino a poco più di un anno fa era troppo piccola, ora sembra così vuota, così grande e spenta. Così il vuoto che mi porto dentro per la tua assenza. Così il vuoto di quando ti cerco per raccontarti di quello che mi succede, dimenticandomi che non ci sei più. Cosi grande, cosi incolmabile il vuoto che la tua assenza lascia dentro di me». Lo scrive sul suo profilo Instagram Elena Cecchettin, sorella di Giulia, uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta l'11 novembre scorso in provincia di Venezia.
«Così grande la rabbia come il dolore nel realizzare che la tua assenza, la tua morte sono state causate da un individuo con un nome e un cognome.
E poi il messaggio: «Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto. L'assassino di mia sorella viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un'eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c'è. I 'mostrì non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura - continua - Viene spesso detto 'non tutti gli uominì, 'tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto».
«È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell'amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendiatevi ostili ai comportamenti del genere ormai accettati dalla società che non sono altro che il preludio del femminicidio. Serve un'educazione sessuale ed affettiva capillare, serve insegnare che l'amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno».