Teppisti per noia: sono otto ragazzini

Venerdì 17 Gennaio 2020
Teppisti per noia: sono otto ragazzini
SPILIMBERGO
Teppisti per noia, giovanissimi e spavaldi, tanto spavaldi da vantarsi dei propri vandalismi. Ma sono rimasti per poco impuniti i bulleti che avevano devastato la sala d'aspetto della stazione dei bus di Spilimbergo: gli investigatori della Polizia Locale, coordinati dal comandante Filippo Pitton, li hanno assicurati velocemente alla giustizia.
ARREDI IN PEZZI
Una baby gang composta da otto ragazzini giovanissimi aveva distrutto la sala d'aspetto della stazione dei bus di Spilimbergo. È stata però tempestivamente individuata grazie alle chat di WhatsApp nelle quali si vantava delle scorribande, con tanto di filmati girati mentre spaccavano gli arredi. L'indagine è stata perfezionata dalla Polizia locale che, all'indomani della denuncia di alcuni cittadini - ci fu anche in sopralluogo dei Carabinieri - aveva fatto scattare rilievi e controlli, con raccolta di testimonianze e verifica delle telecamere della videosorveglianza locale. Non è mancata la sorpresa quando si è scoperta l'età dei componenti di questo gruppetto di vandali: si tratta di due ragazze di 13 anni e di altri tre ragazzi della medesima età: per loro non c'è nemmeno l'eventuale imputabilità, perché sono troppo giovani, ma i loro genitori dovranno comunque concorrere al risarcimento degli ingenti danni alla struttura pubblica. Ci sono, inoltre, un 14enne e due ragazzi di 15, questi ultimi considerati le menti, i veri ideatori del raid vandalico. Sono tutti studenti delle scuole dell'obbligo della città tranne i due 15enni che studiano al primo anno delle superiori. Si tratta di sei ragazzini italiani e di due di origine straniera, ma da sempre residenti in città. Le famiglie, convocate per assistere all'audizione degli otto sospettati dei danneggiamenti, hanno reagito con stupore, minacciando punizioni esemplari per i figli. Anche per loro inspiegabile cosa possa aver trasformati i figli, che mai avevano manifestato comportamenti fuori dalle regole, in teppisti.
EMULAZIONE
L'agire in branco potrebbe averli spinti a devastare la stazione, emulandosi gli uni con gli altri. . Che stessero facendo qualcosa di molto grosso era, tuttavia, chiaro anche a loro: prima di entrare in azione - a metà dicembre, dopo le 20, in due sere consecutive -, gli otto minorenni hanno cercato di mettere fuori uso la telecamera che inquadra l'ingresso della stazione delle corriere. Convinti di averla sabotata - e, comunque, dovranno saldare il salato conto per la riparazione - hanno agito senza precauzioni certi che non sarebbero stati identificati. Assieme alle immagini della video-sorveglianza, grazie alle quali è stato ricostruito anche il percorso di avvicinamento alla stazione e quello di fuga, sono state decisive le chat acquisite dalla Polizia locale: messaggi inequivocabili con cui gli 8 studenti si attribuivano la responsabilità dell'accaduto, vantandosene con i coetanei e con gli amici più grandi, con tanto di certificazione del vandalismo assicurata dal relativo video.
IL MOVENTE
Nei giorni scorsi le indagini, seppure senza riuscire a capire il vero movente, si sono concluse e le prove raccolte sono state depositate alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Trieste, che dovrà decidere quale accuse formalizzare ai soggetti imputabili che risultano aver avuto un ruolo attivo nella vicenda, mentre per gli altri, ancora bambini per la legge, scatterà la responsabilità dei genitori (quali tutori di soggetti non imputabili) che dovranno risarcire i danni cagionati alla telecamera e alla sala d'aspetto. «La reazione delle famiglie quando le abbiamo informate dell'accaduto ci conforta sul fatto che in futuro simili episodi difficilmente si ripeteranno - le parole del comandante Pitton, che ha coordinato le indagini di un Comando che ora può contare su otto agenti in servizio -: erano senza parole. Nessuno ha giustificato nemmeno quegli elementi che hanno partecipato alla scorribanda senza avere parte attiva, ma solo per la curiosità di esserci».
Lorenzo Padovan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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