IL MONDIALE DI MANUELA «UN'IMPRESA»

Martedì 2 Luglio 2019
IL MONDIALE DI MANUELA «UN'IMPRESA»
L'INTERVISTA
ISTRANA È tornata a casa domenica notte. Reduce dall'ottimo mondiale di calcio giocato con la nazionale, Manuela Giugliano ha fatto tappa a Istrana. Dove l'attendevano trepidanti papà Ciro, mamma Linda e il fratello Gennaro. E naturalmente Buddy, il cane della 21enne centrocampista trevigiana diventato ormai una celebrità. La stessa che ha avvolto lei e le azzurre, arrivate ad un passo dalle semifinali iridate, stoppate sabato pomeriggio dall'Olanda: «Siamo rimaste stupite dall'attenzione riservataci in Francia, dopo l'esordio ai giornalisti italiani si sono aggiunti anche quelli di altre nazioni. Penso che abbiamo dato una bella immagine, facendo appassionare ed emozionare tante persone. Cosa che servirà al movimento e al nostro futuro, dal momento che stiamo cercando di far diventare questo sport il lavoro di tutte noi».
Un gruppo granitico il vostro.
«Siamo state sempre molto unite, con l'obiettivo di fare più strada possibile. Devo ringraziare le altre ragazze, più esperte di me, che mi hanno aiutato a gestire le tensioni. Io ci messo del mio, rinunciando fin da piccolina a tante cose, gli amici ad esempio, per arrivare a questo punto».
In Francia il tuo calcio geniale e fatto di verticalizzazioni è sbocciato per intero.
«Per qualcuno gioco in maniera molto diversa dalle altre. Lo so, io sono nata calciatrice in questa maniera. Penso sia questione di talento e la fortuna di averlo avuto, senza dovermi applicare tanto. Mi sono invece impegnata parecchio per migliorare la mia fase difensiva, per vincere le partite serve anche il lavoro sporco».
Com'è stato l'approccio alle gare?
«Prima dell'esordio con l'Australia ero molto agitata, poi un sms di papà mi ha calmata. Fai una malatia c'era scritto, che in napoletano significa qualcosa di geniale. È svanita la paura, non vedevo l'ora di giocare».
Alla prima vittoria è seguita la goleada con Giamaica.
«L'allenatore in seconda mi aveva chiesto di far divertire la squadra, mi sono sentita più sicura e ho servito tre assist».
Poi la sconfitta contro il Brasile di Marta.
«Un sogno giocarci contro, la guardavo da piccolina sperando di arrivare al suo livello. L'avevo studiata bene ma mi ha sempre saltata. Alla fine le ho chiesto la maglia».
Con la Cina sembrava stanche. Però la vittoria è arrivata.
«C'era stato poco tempo per recuperare. All'intervallo eravamo tutte doloranti, ma è stato merito della testa e della mentalità se ce l'abbiamo fatta».
Infine lo stop con l'Olanda.
«Nei primi 45 minuti abbiamo fallito due occasioni. Nella ripresa il caldo ci ha impedito di ripartire. Due colpi di testa ci hanno battuto, la loro fisicità ha fatto la differenza. Al fischio finale abbiamo pianto tutte quante, poi ci siamo rese conto di aver compiuto un'impresa».
Il messaggio lanciato con le vostre prestazioni servirà a tutto il movimento femminile. Anche a quello trevigiano.
«È positivo se siamo riuscite nel nostro intento. Far parlare di noi era quello che volevamo. Per c'è il discorso legato al professionismo, anche per le ragazze più giovani. Abbiamo dimostrato che le donne possono giocare a calcio, e lo fanno in maniera emozionante».
Adesso le meritate vacanze.
«Intanto farò sette giorni in Puglia. In programma poi c'è anche un tatuaggio, che sarà dedicato a mio fratello. Negli altri ho impresso le coordinate geografiche di Istrana, l'anno più importante della mia carriera, uno che ricorda papà e uno la mamma».
Con chi giocherà il prossimo anno?
«Mi sono svincolata dal Milan. Dopo le ferie prenderò una decisione».
Giulio Mondin
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