IL CONGEDO DI DIMAS: «ADDIO A TESTA ALTA»

Giovedì 27 Giugno 2019
CALCIO, L'INTERVISTA
CHIONS Mendicanti di bellezza pallonara listati a lutto. Dimas Goncalves de Oliveira va al Montecchio Maggiore, nell'Eccellenza veneta. Con motivi plurimi. «Non voglio macchiare quanto fatto di bello a Chions è la prima considerazione del 34enne brasiliano, ormai un ex ricordando come, la scorsa estate, io e Daniele Visintin parlandoci eravamo consapevoli di avere una squadra con cui salvarsi. Adesso c'è tutto un gruppo nuovo da creare».
- Tutto qui?
«Il problema è che, principalmente, io devo avere stimoli per continuare. Andare a cercare un'altra salvezza in un contesto dove due anni prima hai avuto successo lo ritengo difficile. È un problema mio, perché con la competenza del ds Vido, del presidente Bressan e di mister Zanuttig penso possano allestire un organico con cui dire la loro anche stavolta».
- Motivi personali?
«È una scelta mia, di tipo personale. Nel 2017, quando venni al Chions, tutti mi dicevano che ero matto. Ora me ne vado e forse la gente penserà la stessa cosa. So di aver passato due anni bellissimi. Quello che si era prospettato all'inizio, prima vincere il campionato e poi salvarsi in D, lo abbiamo ottenuto. Avevamo un gruppo bellissimo, che adesso risulta smantellato: c'è da rifarne uno nuovo».
- Cosa lascia?
«Persone che ti danno tutto, con cui non c'è niente da recriminare. L'amicizia rimane, penso da entrambe le parti. Il presidente ha capito che sono una persona di calcio e vivo di pallone, di conseguenza faccio le mie scelte».
- E come lascia?
«A testa alta, perché è bene che gli obiettivi societari siano stati centrati e come persona lascio qualcosa. È stato riconosciuto che ero un condottiero in spogliatoio, insieme a capitan Visintin. Devono sostituire i due che, quando non andavano bene le cose, si facevano sentire. In società sono più preoccupati per questo: ricominciare senza un condottiero è difficile, ma auguro loro tante cose belle. Spero facciano una squadra con cui divertirsi come in questo biennio».
- Lei era arrivato anche per una combinazione familiare: è cambiato tutto?
«Adesso i bambini sono più grandi. Giocando in Eccellenza non sarò sempre via come prima, quando ero in una categoria superiore. Parlando con la moglie abbiamo fatto questa scelta, anche guardando al futuro. Dei 16 anni in Italia, 7 li ho passati a Verona. Ora a Montecchio c'è un progetto che sta nascendo e al quale vogliono che io partecipi. È una scelta fatta per il futuro, più che per l'oggi. Si stanno sviluppando cose che mi possono dare un'opportunità lavorativa, chi sta investendo vuole me come persona».
- Cosa significa?
«Quando ti comporti bene, nel calcio succedono le cose che meno ti aspetti. Avrò un giorno in meno di allenamento, potrò fare altro. Ho avuto proposte in D, ma non conciliavo più gli impegni. Volevo far combaciare una società in cui si sta bene a una in cui posso cominciare a fare un altro lavoro, che non c'entra né con la nuova squadra, né tanto con il calcio».
- Cosa le spiace lasciare?
«Mister Lenisa, perché più di una volta ha messo la faccia per me, anche quando non ne avevo bisogno. Mi ha insegnato molto ed è stato come un padre, sempre sincero e aperto al dialogo. È una dote che, se un giorno diventerò allenatore, voglio portare con me. Con lui ringrazio tutti i collaboratori che hanno aiutato la squadra a raggiungere quel che ha fatto».
- Non c'è nulla che la potesse convincere a rimanere?
«Il presidente voleva a tutti costi che rimanessi. Mi hanno coccolato come sempre, però io e mia moglie eravamo decisi a intraprendere questa altra direzione. Nel pallone è così: finché la butti dentro le cose vanno per il verso giusto, poi succedono mezze cose e la vita cambia. Ho 34 anni e devo pensare ad altro, unisco l'utile al piacevole».
- A chi arriva al Chions cosa si sente di dire?
«Che io ero arrivato in una squadra d'Eccellenza e adesso, grazie a quel gruppo, si trovano in serie D. Possano onorare la maglia - conclde il bomber nato a San Paolo -, dando soddisfazione anche a noi. La società se lo merita».
Roberto Vicenzotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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