Il clamoroso gesto di protesta di Balotelli allo Stadio di Verona, con il pallone

Lunedì 18 Novembre 2019
Il clamoroso gesto di protesta di Balotelli allo Stadio di Verona, con il pallone fermato con le mani e calciato con violenza verso il pubblico, non è caduto nell'indifferenza. C'è stato un passaparola tra i giocatori della serie A, di colore e non: sono pronti a lasciare il campo di fronte al prossimo episodio di razzismo. L'appello più robusto è stato di un calciatore, attaccante delle giovanili del Milan e della Under 17, bresciano e di origine iveriana, Henoc N'Gbesso, che ha dichiarato: «La ferita di Mario Balotelli me la sono sentita addosso. Io non credo che debbano uscire dal campo solo i giocatori neri, ma tutti. Solo così la gente si renderà conto che è accaduto qualcosa di grave. E che non può, non deve esserci un bis».
Nove anni sono passati dal triste 17 novembre 2010 a Klagenfurt, amichevole Italia-Romania, cori e striscioni contro Balotelli e via col campionario delle bestialità, con conseguenti denunce, di ultras italiani per diffusione di idee fondate sulla superiorità, sulla discriminazione e sull'odio razziale. Nove anni e sembra oggi, perché nulla sembrerebbe cambiato, anzi Balotelli è ancora qui con lo stesso problema, lui che di razzismo parla quotidianamente negli spogliatoi del Brescia, ascoltatissimo dai compagni. Invece non è così. Una novità c'è: il suo gesto di ribellione a Verona stavolta non è passato inosservato. Tra i giocatori sta passando la linea forte, perché non ci sia un bis del Bentegodi: uscire appunto tutti dal campo al prossimo ululato, al prossimo verso della scimmia, chiunque sia la vittima. Balotelli ha capito subito che era successo qualcosa di nuovo: dalle reazioni dei colleghi, dalla solidarietà pubblica e da quella privata. Lo juventino Matuidi è stato il più duro, da Napoli Koulibaly si è associato. Prende forma l'idea di un documento stile manifesto di Sterling, l'attaccante del Manchester City che nell'aprile scorso pubblicò sul Times un articolo sul tema, subito sottoscritto da numerosi calciatori e allenatori della Premier League, nel quale chiedeva, tra l'altro, che i giocatori bersagliati dal razzismo non venissero puniti se lasciavano il campo.
Sul razzismo hanno espresso opinioni interessanti alcuni importanti personaggi, non solo dello sport. Il ministro dello sport Vincenzo Spadafora ha dichiarato che intende caratterizzare il suo mandato con un'azione estremamente determinata di contrasto a qualunque forma di razzismo. E ha aggiunto che intende farsi promotore di adeguati interventi normativi che prevedono sanzioni per i comportamenti ingiuriosi e diffamatori, soprattutto se a sfondo razziale. Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha parlato del razzismo auspicando che la condanna sia unanime, altrimenti perde credibilità l'intero sistema sportivo. Il numero uno della Figc Gabriele Gravina si è augurato la convocazione di Balotelli in Nazionale. Diverso è invece il commento di Matteo Salvini, secondo il quale «razzismo e antisemitismo vanno condannati senza se e senza ma, ma un operaio dell'Ilva vale più che dieci Balotelli, non abbiamo bisogno di fenomeni. Il Presidente della Federcalcio Gravina faccia il suo lavoro e lasci che l'allenatore faccia il suo».
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