«Troppe cose non quadrano: non crediamo si sia ucciso»

Sabato 25 Settembre 2021
«Troppe cose non quadrano: non crediamo si sia ucciso»
L'IPOTESI
BORGO VALBELLUNA «Noi siamo convinti che Giacomo avesse messo un tracciamento sul cellulare aziendale e che stesse seguendo il segnale quella notte». Lorenzo Battaglini, presidente e ceo del Centro software srl, azienda per la quale Giacomo Sartori lavorava, con tutti i colleghi del ragazzo non credono all'ipotesi di suicidio. Il giovane tecnico informatico bellunese, emigrato da Mel, comune di Borgo Valbelluna, a Milano, lavorava alla filiale di Assago. «Era un ragazzo equilibrato e responsabile, non si sarebbe mai suicidato», dicono i colleghi. «Quella sera al locale si era comportato seguendo la policy aziendale - spiega il suo capo Battaglini -: la ditta dopo vari furti subiti ha consigliato ai dipendenti di non lasciare i computer nell'auto. Un po' di tempo fa anche Giacomo aveva subito un primo furto del pc aziendale. E forse si era dotato di qualche sistema di tracciamento che aveva installato magari sul cellulare aziendale che era nello zainetto che gli era stato rubato». «Noi abbiamo la convinzione - prosegue Battaglini -, certo siamo nel campo delle opinioni personali, ma riteniamo che lui dopo il primo furto abbia attivato il tracking. Dai filmati delle telecamere si vede che ha girato più volte per le vie di questo paese, che tra l'altro non conosceva e non aveva mai frequentato a detta del fratello. Un girovagare che dà l'impressione che stesse cercando qualcosa».
I DATI NEL PC
«Lavorava per aziende importanti, ma non c'erano chissà che segreti all'interno di quel computer - sottolinea Battaglini -. In ogni caso tutti i nostri pc hanno un sistema che rende impenetrabili l'hard disk. Chi ha quel computer può solo utilizzarlo come hardware, ma non riuscirà mai a carpire le informazioni che sono all'interno». Quindi non potevano essere dati aziendali l'obiettivo del ladro, si sarebbe trattato di un semplice furto con destrezza, come ce ne sono tanti.
SPARITE ANCHE LE TELECAMERE
Mercoledì ignoti hanno persino spaccato il finestrino della vettura della Rai, arrivata dove è stata ritrovata l'auto di Giacomo, ovvero a Casorate Primo, con una troupe. I malviventi hanno rubato lo zaino della troupe e le telecamere. «Ci rendiamo conto - sottolinea Battaglini - che siamo in aperta campagna, a Cascina Caiella di Casorate Primo, a 30 chilometri da Milano. È una zona tranquilla, ma ora accadono queste cose? Troppi punti non tornano». «Come è possibile - conclude il datore di lavoro - che una persona sia rimasta appesa ad un albero per 6 giorni con i droni, cani e cavalli sul territorio battuto palmo a palmo e stamattina magicamente è comparso? È tutto molto strano. A pochi metri i contadini stavano potando gli alberi e nessuno ha visto niente? Non quadra. Noi siamo convinti che Giacomo sia andato in quella zona per recuperare la refurtiva e poi sia incappato in qualcosa più grande di lui».
Olivia Bonetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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