Sono le 10.36 di ieri mattina quando Mohamed Barbri esce dal furgone blindato della

Sabato 25 Gennaio 2020
Sono le 10.36 di ieri mattina quando Mohamed Barbri esce dal furgone blindato della Penitenziaria nel piazzale della procura di Rovigo. Capello curato, barba rasata, come non si era mai visto da quando sua moglie, Samira El Attar, è scomparsa. E lui, su cui pende la terribile accusa di averla uccisa e di essersi sbarazzato del suo cadavere, ha percorso sorridente i pochi metri e la rampa di scale del tribunale polesano che lo separavano dall'aula in cui avrebbe incontrato il giudice per le indagini preliminari, che 10 giorni prima ne aveva disposto l'arresto con custodia cautelare in carcere. L'avvocato difensore, Daniele Pizzi, spiega che l'espressione di Mohamed non è beffarda o sprezzante, come avrebbe potuto apparire sulle prime, ma è quella di un uomo che pensava che dopo l'interrogatorio sarebbe uscito di cella. Sì, perché davanti al Gip il marito di Samira ha professato la sua innocenza: «Voglio mia moglie, io non ho fatto niente. Ero in Spagna per cercarla e avevo il biglietto per tornare a Padova» ha detto nel suo italiano stentato al giudice Raffaele Belvederi. E ieri è stata anche una giornata intensa di ricerca del corpo di Samira con l'impiego di cani molecolari, sommozzatori e anche una ruspa.
Bovo e Lucchin
alle pagine II e III
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