LO SCENARIO
ROMA Non la chiama marcia, ma poco ci manca. «Ora volete darmi

Martedì 24 Aprile 2018
LO SCENARIO
ROMA Non la chiama marcia, ma poco ci manca. «Ora volete darmi pure del mussoliniano?», protesta Matteo Salvini rivolto a chi si dice sorpreso di fronte a questa trovata propagandistica piuttosto hard. «Non c'è nessuno più democratico di noi», assicura. Però? «Se saremo esclusi dal governo - annuncia il leader leghista che vede male, anzi malissimo Di Maio alle prese con il forno Pd - ci ritroveremo a fare una passeggiata a Roma e non su Roma». «Infatti io leggo Beppe Fenoglio - si affretta a informare il Capitano, così lo chiamano i fan, su Twitter - e in particolare il partigiano Johnny». Vabbé, sta di fatto che è eclatante, per le parole scelte, l'annuncio di Matteo. Il quale è «deluso» dal tradimento di Di Maio, dalla sua «democristianeria» per cui tutti sono intercambiabili («Un cinismo che gli si rivolterà contro») e pensa a una grande manifestazione di opposizione, nella Capitale, se il governo di Giggino si farà. Un esecutivo che «sarebbe una presa in giro». E in questa stroncatura c'è una critica esplicita alla scelta del presidente Mattarella.
Ma non si scompone più di tanto il leader del Carroccio. «I conti si fanno alla fine», è il suo mantra di queste ore. Lo esprime così: «Aspettiamo che facciano gli altri, vediamo se Di Maio e il Pd combinano qualcosa. Io ne dubito fortemente. E quando il leader pentastellato si schianterà, tornerà da noi, Ci chiederà aiuto. Ma sarà molto indebolito dal fallimento, nella trattativa con noi sarà per forza meno esigente. Smetterà di sentirsi su un piedistallo».
Se viceversa il miracolo del governo M5S più Pd dovesse avverarsi, «noi non abbiamo paura dell'opposizione. Sappiamo farla benissimo. E gli argomenti non ci mancano. Batteremo sul fatto che è stato tradito il voto degli italiani». L'obiettivo finale, in questo caso, sarà arrivare fortissimo alle elezioni europee del 2019, e dall'opposizione - come dicono molti dei consiglieri di Matteo - «si può crescere tanto e bene». Le elezioni politiche anticipate restano inoltre un desiderio di Salvini, ma anche lui è convinto che Mattarella non le concederà e comunque non è detto che, con il Rosatellum, possa arrivare un risultato a valanga per la Lega, molto diverso da quello già ottenuto.
LA BONACCIA
Interrotti insomma i rapporti con Di Maio, quelli con Berlusconi sono in fase di serenità. Il leader del Carroccio e quello di Forza Italia non si sono sentiti per festeggiare insieme la vittoria del Molise. Ma in vista del voto in Friuli, poi delle amministrative di giugno e intanto magari di una coabitazione all'opposizione di un eventuale governo «dei perdenti», Salvini e Berlusconi hanno deciso di procedere all'unisono. Il Cavaliere ieri ha subito telefonato a Toma, il neo-governatore molisano fresco di vittoria, e gli ha fatto i complimenti. E Toma: «Presidente, la devo ringraziare perché ho vinto grazie anche lei. È venuto fin quaggiù a sostenermi e come al solito lei ha fatto la differenza». Berlusconi, dal canto suo, ha molto apprezzato le aperture filo-berlusconiane di Salvini nel comizio dell'altra sera a Monfalcone. E ieri ha ripetuto ai suoi: «Io lo conosco da tanto tempo, da quando era ragazzo. È un politico vero e proprio. Non romperà il centrodestra». E tuttavia, Berlusconi insiste sull'idea che il governo di centrodestra, per farsi, dovrà cercare random in Parlamento i voti, ma senza arrivare in aula al buio. Dove si può essere facilmente impallinati. «Bisogna fare i conti, e bene, prima»: il Gruppo Misto, gli ex grillini, i grillini eletti per caso, tutto quel corpaccione pentastellato che Di Maio non può controllare. Una percorso che a Salvini non dispiace - resta convinto che «ci sarà un governo del centrodestra» - ma Matteo aspetta anche, al contrario del Cavaliere, il ritorno a Canossa di Giggino, dopo il flop del governo con i democrat. «Io aspetto sul fiume, Di Maio arriverà». E a quel punto: «Io non dirò o Salvini o niente. Ma neanche lui può insistere sulla sua fissazione egoistica. Un terzo nome andrebbe benissimo, l'importante è che siamo noi a proporlo. Perché noi abbiamo vinto le elezioni».
IL FATTORE S
Il Cavaliere ringalluzzito dal Molise si sente più forte comunque nei confronti dell'alleato-rivale. «Farneticavano quelli che pensavano a un sorpasso della Lega su Forza Italia». E ancora: «Le mie visite laggiù sono state determinanti, insieme al porta a porta che il nostro partito ha ben fatto. Così dev'essere Forza Italia. Un movimento che sta tra la gente». E su Di Maio: «Di Maio a Campobasso ha fatto un comizio a cento metri da me e pensava di umiliarmi». E ora, prima della marcia su Roma, il pensiero fisso dei leader del centrodestra è la marcia verso la vittoria in Friuli.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci