Le ditte della camorra radicate da anni a Jesolo

Sabato 9 Novembre 2019
LITORALE NEL MIRINO
JESOLO Non solo Eraclea. Ma anche Caorle e Jesolo. Le mafie sono ormai saldamente installate su tutto il litorale veneziano. Soprattutto camorra e 'ndrangheta. Ma se la camorra è l'organizzazione criminale che storicamente è arrivata per prima già negli anni '80 è la ndrangheta oggi ad essere la più pericolosa. Ci sono infatti ben tre cosche interessate al veneziano: il clan di Grande Aracri, interessata soprattutto alla zona di Caorle, il clan dei Loprete, che era in stretto contatto con Luciano Donadio, il capo del clan dei Casalesi di Eraclea, e i Bonavota, originari di Sant'Onofrio in provincia di Vibo Valenzia, ma radicati a Torino e interessati soprattutto a Jesolo. L'uomo dei Bonavota è quell' Antonio Defina che arriva a Jesolo tra il 2013 e il 2014 ed entra nel 2014 nella gestione del Golf club e in poco tempo si trova a capo di una società, la Golf One srl che ha il controllo del Golf di Jesolo, di quello di Cornade D'Adda, di Salsomaggiore Terme e del Golf Italia, una società on line che associa circa 2600 golfisti. Tutto, va precisato, totalmente all'insaputa della società proprietaria dei terreni e dell'impianto del Golf Club di Jesolo, come già emerso nei nostri articoli del luglio scorso.
«CI SIAMO NOI»
Ma l'arrivo di Defina a Jesolo è quasi un passaggio di testimone visto che il boss dei casalesi Donadio, quel Golf Club di Jesolo aveva contribuito a costruirlo e, ancora nel 2012, assicurava il suo interlocutore il direttore di banca Denis Poles, anche lui nell'inchiesta di Eraclea che poteva concedergli tranquillamente i prestiti perchè aveva ancora cantieri a Jesolo. Eccolo in una intercettazione che snocciola: «Lavoriamo nel cantiere dell'Obac, nel campo da golf, ma li è la Costruzioni Generali che fa quel lavoro li. Intesa Costruzioni poi abbiamo Ancillotto, Obiettivo Immobiliare, a Piscina». La Obac è in realtà la Hobag di Peter Reichegger che, per l'appunto, ha realizzato moltissimo a Jesolo, oltre al Golf club. Ora, la Hobag non c'entra nulla con Donadio, sia chiaro, proprio nulla, ma ancora una volta, come in mille altre occasioni, abbiamo la prova provata della subdola capacità di infiltrazione delle ditte legate alla malavita organizzata in tanti appalti. La Hobag, che è una ditta serissima, sicuramente avrà controllato mille e una volta tutte le carte, cionostante Donadio era riuscito ad infilarsi in quell'appalto per il Golf Club. Lui e alcune ditte della sua galassia, che sono decine. Del resto, se Donadio partecipa alla realizzazione del Golf Club è perchè a Jesolo è conosciuto e a Jesolo lavora molto. Ad esempio ha un sub appalto con la Eurocostruzioni in realtà il sub appalto è della ditta Carp srl che lo subappalta a sua volta alla Grazioso Costruzioni srl, quest'ultima di fatto di Donadio - che si era aggiudicata i lavori di riqualificazioni di alcune piazze di Jesolo. Anche la Eurocostruzioni non ha nulla a che vedere con Donadio, così come le altre citate nell'intercettazione, resta il fatto che la presenza di ditte in odor di mafia è molto forte a Jesolo. Donadio infatti viene intercettato di nuovo mentre sta prendendo accordi per entrare nel business del progetto Parco Campana.
ADERENZE POLITICHE
Si tratta di un terreno tra Jesolo Lido e Jesolo Paese sulla cui realizzazione Donadio ha messo gli occhi già nel 2010. E anche in questo caso di mezzo c'è la politica, come a Eraclea e come a Caorle. Scrive la Guardia di Finanza nel suo rapporto alla Procura di Venezia che «le aderenze in ambienti politici, avrebbero permesso di ottenere una cospicua fetta di lavori». La GdF apre un capitolo su appalti pilotati, un titolo che getta un'ombra inquietante dunque anche su Jesolo, oltre che su Eraclea e Caorle, due territori nei quali regnava incontrastato il clan di Donadio, che era talmente forte da contrapporsi ad un gruppo di calabresi che a Caorle stava lavorando in un paio di cantieri. «Stanno a casa mia questa qua ormai è casa nostra e dobbiamo lavorare anche noi nei cantieri. A me non me ne frega. Io non voglio rompere le uova a nessuno. Prendono dieci venti persone delle nostre e le mettono nei cantieri».
IL RUOLO DI CASELLA
Si tratta di appalti ai quali Donadio pensava di partecipare di diritto visto che di mezzo c'era Claudio Casella, l' ex carabiniere dei Ros, trasformatosi in imprenditore immobiliare con contatti importanti con gli amministratori di Caorle, una zona sulla quale aveva messo gli occhi la cosca Grande Aracri che dall'Emilia Romagna negli ultimi anni si è spinta in Veneto. Ma le cosche della ndrangheta che vogliono mettere piede in Veneto sono tante. E Donadio è talmente conosciuto e influente da essere chiamato addirittura in aiuto. Succede con il clan Loprete che, stando allo stesso Donadio «è il più potente ...il numero uno..più grande come mafia della ndrangheta. E' della locale di Isola di Capo Rizzuto....capo locale sul territorio di Torino...e reggente su quello di Milano». I Loprete scrivono a Donadio: «Voglio chiedervi se rientra nelle vostre disponibilità di dare un occhio di riguardo alla moglie di questo mio parente...che è rimasta sola con due bambini...per qualunque cosa posso essere utile sia a Milano che a Torino, che in Calabria, sono a vostra completa disposizione...sperando di bere presto un caffè insieme le mando cari saluti». Donadio non sta nella pelle per tanta considerazione, un riconoscimento evidente della sua supremazia in zona e ovviamente si dà da fare per la famiglia di Bruno Loprete, in carcere a Venezia perchè condannato nel luglio del 2011 per aver messo a segno una rapina al Banco di Santo Stefano a Zelarino. Un rapinatore trasfertista, si pensa allora, senza alcun legame con Mestre e Venezia. Ma a leggere bene le intercettazioni di Donadio par di capire che non è così: «Questo è il reggente...capo locale sul territorio di Torino... reggente su quello di Milano...a Venezia quello è un amico...».
Maurizio Dianese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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