L'ALLARME
BELLUNO Un'azienda su due, in provincia, non sarebbe riuscita a fare

Giovedì 23 Luglio 2020
L'ALLARME
BELLUNO Un'azienda su due, in provincia, non sarebbe riuscita a fare fronte alle scadenze fiscali. Saltando a piè pari l'appuntamento cerchiato in rosso nel calendario: il temutissimo lunedì 20 luglio che prevedeva il saldo dei versamenti del 2019 e l'acconto del 2020. Il gettito stimato per le casse dello Stato era di 8,4 miliardi di euro (l'unico dato disponibile è su scala nazionale). Entro la fine del mese di luglio le scadenze fiscali sono ben 246, molte delle quali coincidevano proprio nello scorso lunedì. Si sono infatti accumulate dopo i rinvii decisi nella fase di confinamento. Una corsa a ostacoli a cui molti bellunesi non si sono presentati. Ma ovviamente questo non vuol dire che ci sia stato un ammutinamento o che siamo davanti ad una schiera di evasori. Molti, infatti, correranno ai ripari nelle prossime settimane. Chiaramente lo slittamento costerà loro il pagamento della mora.
LE IMPOSTE
Ad essere tenuti a pagare i titolari di partita Iva soggetti agli indici di affidabilità fiscale, e per i contribuenti forfettari. L'altro appuntamento era con il saldo Iva del 2019. E il saldo del periodo 30 marzo - 30 giugno per chi ha scelto il regime trimestrale. Sempre lunedì 20 era anche previsto il versamento del saldo dei contributi previdenziali dovuti per il 2019.
LA FOTOGRAFIA
«Noi - spiega la presidente dell'ordine dei commercialisti ed esperti contabili di Belluno, Michela Marrone - abbiamo chiesto fortemente la proroga al 30 settembre dei versamenti fiscali in scadenza il 20 luglio per i soggetti titolari di partita Iva ma la proroga non è arrivata. Avevamo chiesto il rinvio proprio perché molte aziende anche del nostro territorio, sono in difficoltà e spesso non sono in grado di pagare. Hanno subito una chiusura forzata e stanno ancora pagando le imposte la cui scadenza era stata prorogata nel periodo di lockdown». Ma quante sono le aziende che non sono riuscite a fare fronte alle scadenze? «Se mi dicessero che una su due non è stata in grado di far fronte non mi stupirei» spiega Marrone. «L'impressione generale è che, anche a livello locale, le aziende stiano facendo i salti mortali per non subire gli effetti della chiusura. Ma non dimentichiamo anche finora hanno potuto beneficiare del sostegno finanziario, seppur modesto, dello Stato». Finiti quelli è difficile prevedere che ci possa essere un secondo appello per aiutare chi è in difficoltà. Per questa ragione quello che è successo lunedì scorso potrebbe essere un campanello d'allarme di quello che a fine anno potrebbe iniziare a suonare come una sirena. Marrone lo dice senza giri di parole: «Nei prossimi mesi temiamo un contraccolpo».
OPERATIVITÀ DEGLI STUDI
C'è poi una seconda questione che non è da trascurare e riguarda l'ingorgo delle scrivanie. «Siamo stati sommersi - riprende Marrone - oltre che dalle consuete scadenze anche da una marea di adempimenti legati alla richiesta di contributi e finanziamenti agevolati previsti dai decreti emergenziali Covid. Francamente ci è sembrato più giusto agire per priorità privilegiando le pratiche relative alle agevolazioni a favore delle aziende. Conseguentemente l'elaborazione di molte dichiarazioni ha subito dei ritardi pur continuando a lavorare a ritmi serrati. Allo stato dei fatti è come se la proroga ce la fossimo data da sola».
MOBILITAZIONE
Chi non è stato in grado di versare il saldo per intero potrà ora scegliere il rinvio di un mese, con la maggiorazione dello 0,40%, oppure potrà pagare in un massimo di sei rate. Dopo la prima, da versare sempre con la maggiorazione, per le rate successive, invece, si applicheranno anche gli interessi. Una forma di dilazione che non risolve il problema ma continua a spingerlo in avanti. Quanto basta per far sbuffare i commercialisti che per la prima volta sono arrivati ad un passo dall'incrociare le braccia. «A livello nazionale - spiega Marrone mentre si trova ancora nella Capitale - abbiamo valutato l'ipotesi di uno sciopero generale della categoria. La situazione è diventata insostenibile».
Andrea Zambenedetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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