«Io non c'entro, ma nessuno mi difese quando fui offeso»

Venerdì 1 Febbraio 2019
L'INTERVISTA
VENEZIA Un mese e mezzo dopo la sua eclatante uscita di scena, don Massimiliano D'Antiga, l'ex parroco di San Zulian, torna a farsi sentire.
E lo fa esprimendo solidarietà «ai cinque confratelli tirati in ballo» dai volantini anonimi affissi proprio a San Zulian, ma togliendosi un sassolino dalla scarpa che ha tutto il sapore di un'altra bordata rivolta al patriarca Francesco Moraglia, con cui a dicembre, dopo il suo trasferimento in basilica di San Marco, era arrivato ai ferri corti.
Don D'Antiga, qual è il suo primo commento su queste affissioni?
«Quei volantini? Sono profondamente addolorato, dissento totalmente sul contenuto e umanamente mi dispiace. Non so quale possa essere il motivo di questa presa di posizione e collegarla alla vicenda che mi ha riguardato è per me una forzatura».
Eppure molti lo pensano. Resta il fatto che il Patriarcato non è stato a guardare.
«Il Patriarcato ha reagito già nel giro di qualche ora annunciando una denuncia contro ignoti. Ebbene, mi domando: perché quando i volantini appesi in giro per la città erano rivolti contro il sottoscritto non ha fatto altrettanto? Perché all'epoca non sono andati dalle forze dell'ordine, non hanno assunto alcuna iniziativa a mia difesa, non hanno mai diffuso un comunicato stampa in mio favore con altrettanta solerzia? Da uomo, prima ancora che da sacerdote, io me lo domando».
Cosa sta facendo in questo periodo?
«Sono raccolto in preghiera per il mio periodo di riflessione che ancora non ha sortito nessuna decisione», dice senza rivelare dove si trovi e cosa faccia anche se in tanti, che lo sentono e lo frequentano, sanno bene che vive a Treporti, nella casa di famiglia, pur andando su e giù a Venezia, dove c'è chi dice accolga qualche ex parrocchiano in casa sua.
Come ha saputo di questa ultima vicenda?
«Dei volantini ho saputo leggendo il Gazzettino, poi qualche amico mi ha mandato la foto su Whats App. E ho saputo inoltre che altri ne sono comparsi anche ieri. Si è detto di San Zulian ma erano appesi all'esterno anche di altre chiese, per cui riferire che la vicenda è a me ricollegabile, è soltanto un'interpretazione».
I suoi ex parrocchiani però non mollano. Per domani hanno organizzato una contro manifestazione in occasione della ricorrenza della Candelora...
«Cosa vuole che le dica? Già un mese e mezzo fa, quando è successo quello che è successo, avevo chiesto e ripetuto pure al momento della messa di congedo di non manifestare. È una manifestazione inutile e io sono del tutto impotente rispetto a questa iniziativa. Se da un lato una protesta per un trasferimento maturato in quel modo può far piacere dal punto di vista affettivo, dall'altro avevo ben spiegato che sarebbe stata dannosa per tutti. Comunque so che il dissenso è stato espresso al Patriarca anche in altre occasioni successive».
Ha più visto il Patriarca dopo quell'incontro il giorno stesso della sua uscita da San Zulian, finito con la porta sbattuta?
«Si. E ancora una volta mi ha invitato ad andare in monastero».
E contatti con il gruppo di genitori che hanno perso un figlio, che Moraglia le aveva chiesto di continuare a seguire in basilica a San Marco?
«Ho negato qualsiasi contatto. D'altronde sarebbe un controsenso chiedere un periodo di riposo e di riflessione e poi continuare a fare quello che si faceva prima. Il Patriarca ha deciso che il gruppo dev'essere seguito da don Roberto Donadoni, pertanto quello è il riferimento da tenere e se non si è d'accordo io non posso farci niente».
Cosa farà in futuro?
«Attorno a me c'è ancora il temporale. Soprattutto continuo a non avvertire un clima di dialogo. Se ci fosse stato sin dall'inizio non sarebbe finita così Dunque non posso ancora prendere una decisione».
Alvise Sperandio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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