Il sindaco: «Si cominci a fare i rimpatri assistiti»

Lunedì 20 Novembre 2017
G iovedì era a Campolongo Maggiore, lontano dai confini del suo Comune, per seguire la marcia dei suoi ragazzi. Non avranno la residenza, ma per il sindaco di Cona, Alberto Panfilio, quelli restano comunque un po' suoi cittadini.
«Sono nel mio territorio, ho visitato molte volte la base, ho visto nei loro occhi la sofferenza e vi assicuro che non si può rimanere indifferenti a degli sguardi così. Qualsiasi amministratore che si senta un po' un padre della comunità deve occuparsi dei suoi cittadini, ma è felice anche quando un migrante trova un alloggio decente».
Quella notte avrebbero davvero dormito sull'argine del Brenta?
«Poteva succedere qualsiasi cosa, ma di certo non si sarebbero mossi di lì. A volte mi piace pensare che ci sia anche una giustizia divina, e l'altra sera si è fatta vedere».
Qualcuno, però, ha scelto di tornare comunque alla Base. Forse Cona non è così male?
«Non è detto che una nuova destinazione sia per forza migliore. Direi però che la cosa più importante è che abbiamo capito per risolvere una questione di emergenza bisogna andare oltre la distribuzione nel territorio veneziano. I rientri? Per 50 che tornano, 200 hanno lasciato. Direi che il bilancio è significativo, no?»
La soluzione ai problemi di Cona, quindi, è una redistribuzione su base nazionale?
«Il meccanismo deve cambiare radicalmente e deve sicuramente farci pensare al fatto che una eventuale integrazione nel territorio non potrà comunque esserci per tutti. Si cominci a pensare a dei rimpatri volontari assistiti, o quantomeno a parlarne con loro. Altrimenti possiamo investire in soldi di accoglienza ma saranno gettati al vento, non avranno mai un profilo nel mondo del lavoro».
C'è un modello di riferimento a cui dovremmo ispirarci?
«La Germania è il paese che integra di più ma che fa il maggior numero di rimpatri assistiti. Si deve mettere un piedi un progetto che assomigli a quello di Lipsia o Barcellona, che investono in formazione, in dignitosa accoglienza e preparano appunto il terreno per i rimpatri volontari. Ovviamente è un piano a lungo termine, nel frattempo dobbiamo trovare la soluzione per Conetta ed è stato dimostrato che non è impossibile. Quello che è accaduto si è organizzato in 12 ore, pensate cosa si potrebbe fare con una pianificazione studiata con cura e con metodo».
Ci sarà una seconda marcia?
«La voce sta girando, e non mi stupisce. Quello è un posto inadeguato. Dei migranti arrivati a Mira, nessuno parlava italiano. Significa che quello che è previsto dalla convenzione per la concessione della base, e cioè che si forniscano dei corsi di lingua ai richiedenti asilo, non viene attuato. Questo dovrebbe essere un motivo per mandare a monte la convenzione».
D.Tam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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