IL COMMERCIO
VENEZIA Alzano gli occhi al cielo o scoppiano in una fragorosa risata

Sabato 5 Dicembre 2020
IL COMMERCIO VENEZIA Alzano gli occhi al cielo o scoppiano in una fragorosa risata
IL COMMERCIO
VENEZIA Alzano gli occhi al cielo o scoppiano in una fragorosa risata per celare la rabbia. I negozianti veneziani subiscono il nuovo decalogo datato 3 dicembre come l'ennesima beffa da parte del Governo. Da ieri al 6 gennaio i negozi potranno rimanere aperti fino alle 21. Di contro, la sorte di bar e ristoranti in zona gialla non ha previsto aggiornamenti rispetto all'ultima normativa. Si dia il caso però che a Venezia, realtà commerciale e cittadina del tutto peculiare, a dettare l'orario di chiusura dell'intero centro storico continueranno di fatto a essere quelle ormai ortodosse ore 18.
LE VOCI
«Il circuito trainato da alberghi, ristoranti e gondolieri, solitamente alimentato dal turismo, si è interrotto e continua a rimanere fermo - racconta Piergiorgio Gottardo, titolare del negozio di scarpe Kubo in Ruga Rialto - Non gira più contante in città, è un dato di fatto». La vetrina di Gottardo si affaccia in uno degli itinerari più battuti in città, su quella calle che collega il mercato del pesce a piazzale Roma e stazione ferroviaria. Eppure, non è certo sua intenzione prolungare l'orario di apertura. «Non c'è un'anima per strada. Valuterò giornalmente come regolarmi. Al massimo mi concederò fino alle 21 l'ultimo fine settimana del mese prima delle feste, ma le persone non hanno nemmeno più voglia di uscire di casa». Ed effettivamente il panorama non tradisce la sua testimonianza. Ad affollare le calli è piuttosto il ticchettio dell'acqua che accompagnerà Venezia per tutto il ponte dell'Immacolata. «Da tempo non apro il negozio con l'intenzione di guadagnare - racconta Paolo Pelosin, artigiano della stamperia Il Pavone - apro per distrarmi e decorare i fogli». E mentre Pelosin condivide la generale insofferenza, gocce di pittura dorata cadono dal pennello che tiene in mano come la pioggia battente sui masegni. «Senza un bar aperto dopo le sei di sera dice - chi potrebbe mai passeggiare da queste parti?».
LA PAURA
Sul ponte di Rialto la musica non cambia, anzi, si aggrava. Wanda Lunine del negozio Rivoaltus quasi non trattiene l'ira verso il Dpcm. «Altroché 21, qui chiuderemo alle 17, e sempre prima probabilmente», tuona. Agli occhi e alle orecchie del programma nazionale la categoria dei negozianti è per lei trasparente. La nicchia delle botteghe arroccate sugli scalini del ponte pena infatti il contraccolpo della posizione, teoricamente strategica, in città. «Non c'è una luminaria accesa che illumini la via. Ho paura a muovermi quando cala il buio - protesta Wanda, l'unica, insieme al vicino, a fare orario di bottega - Abbiamo paura di tornare a casa, la città è deserta. Molti sono già falliti». Vende furlane e agende rivestite a mano in pelle. «Aprire fino a tardi per le compere natalizie? Ma se le persone non hanno soldi nemmeno per piangere?».
A chiudere la via crucis dei rari negozi aperti in centro, c'è l'atelier di Giuliana Longo, signora dei cappelli rinomata nella manifattura. La sua esperienza, emblematica. «Arrivo dalla terra ferma. Se anche solo pensassi di chiudere alle 21 sfiorerei il coprifuoco. Spingersi oltre le 19 sarebbe in ogni caso insensato». La designer, che un tempo montava sul vaporetto per avvicinarsi a piazzale Roma, ritiene i mezzi ora inaffrontabili. «La gente è impazzita. Si accalca e spinge negli imbarcaderi come fossimo ancora invasi dai turisti». Dulcis in fundo, l'incognita dell'acqua alta e del Mose. L'impressione registrata è omogenea nel suo dissapore. Il settore del ristoro a Venezia è molto più che una percentuale nel diagramma macroscopico del commerciale. Senza quello, che normalmente traina il complesso della macchina e accoglie i visitatori con un servizio completo, manca l'ossigeno a tutti quegli esercizi che come satelliti vi girano attorno. Così la città soccombe. «Le regole che valgono per l'Italia qui dovrebbero tenere conto di condizioni troppo specifiche per essere appianate riflette Giuliana queste sono le vere deroghe che Venezia dovrebbe portare avanti».
Costanza Francesconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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