A PALAZZO MADAMA
ROMA Non c'è la caccia al Pallaro o al De Gregorio di turno:

Martedì 17 Ottobre 2017
A PALAZZO MADAMA
ROMA Non c'è la caccia al Pallaro o al De Gregorio di turno: i due indimenticabili senatori che nel 2008 animarono le cronache del governo Prodi, al punto da farlo cadere, per qualcuno non hanno eredi. Stavolta a palazzo Madama si cercano gli assenti-giustificati. Senatori a vario titolo dell'opposizione che abbiano altro da fare al momento del voto sulla legge elettorale. Assenti, in congedo o in missione, in modo da essere computati nel numero legale, senza però essere costretti ad esprimere la fiducia che verrà data solo dai senatori di maggioranza.
LE PROCEDURE
La battaglia sarà più sulle procedure che sui contenuti e comincerà già da oggi, quando nella conferenza dei capigruppo si dovrà decidere il calendario. La maggioranza spinge per un iter molto rapido della legge in Commissione in modo da portare il testo in aula già martedì prossimo. Dello stesso avviso sono Forza Italia e Lega. I due partiti, che alla Camera hanno votato il Rosatellum, condividono con Pd e Ap l'esigenza di stringere i tempi in modo da approvare la legge in un paio di settimane. Prima, quindi, delle elezioni siciliane del 4 novembre, ma soprattutto prima che il presidente Pietro Grasso apra la sessione di bilancio. Una corsa contro il tempo per chiudere il tutto entro il 26 del mese.
A resistere all'iter accelerato sono i senatori di M5S, Mdp e Si, che sollecitano Grasso a consentire «un'adeguata discussione» prima in commissione e poi in aula. «C'è anche un tema di dignità del Senato, che non può essere ridotto a sigillare con la ceralacca un testo della Camera. Chiediamo sostiene Federico Fornaro di Mdp tempi adeguati di discussione». Per far arrivare il testo in aula già lunedì della prossima settimana è possibile che nella commissione presieduta da Salvatore Torrisi non si riescano a votare tutti gli emendamenti e che il testo possa arrivare al voto senza il parere della commissione stessa. Anche se il voto segreto a palazzo Madama è molto circoscritto, il rischio di sorprese è altissimo e non ci sarebbe tempo per proporre un'altra legge elettorale prima della fine della legislatura.
Il premier Paolo Gentiloni, accusato anche ieri da Mdp di aver rotto il patto di maggioranza proprio con la richiesta del voto di fiducia sulla legge elettorale, dovrà nuovamente esporsi, prestandosi quindi alle critiche di chi al Senato sostiene che non si può mettere la fiducia sulla legge elettorale, «perché come sostiene Loredana De Pretis di Si violerebbe l'articolo 72 della Costituzione, il quale dice che la legge elettorale deve essere discussa con la procedura normale».
LE TENSIONI
Mentre nella maggioranza il fronte è compatto, se si esclude Mdp, nel centrodestra la tensione resta. Fi e Lega sostengono il Rosatellum, anche se non voteranno la fiducia, mentre Giorgia Meloni, leader di Fdi, continua a contestare il testo già votato alla Camera, che definisce «una legge pessima, fatta nell'interesse dei partiti e non dei cittadini». Dal canto suo Fi, per bocca di Renato Schifani, assicura che «non adotterà tattiche dilatorie od ostruzionistiche per ritardare il voto» in moda da «consentire agli italiani di andare al voto con regole certe e condivise da un ampio consenso parlamentare». Nella file della maggioranza non si avverte particolare fibrillazione sui numeri: «Abbiamo superato prove ben più complicate», assicura Giorgio Tonini del Pd.
Ma.Con.
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