A giudizio i collaboratori di Gaiatto

Venerdì 29 Marzo 2019
A giudizio i collaboratori di Gaiatto
UDIENZA PRELIMINARE
CORDENONS Tutti a processo, senza alcuna distinzione. I collaboratori del trader Fabio Gaiatto, promotore della mega truffa della Venice Investment Group in carcere dall'11 settembre scorso, sono stati rinviati a giudizio per associazione a delinquere, truffa aggravata e abusivismo finanziario. Dopo quasi due ore di camera di consiglio, il gup Eugenio Pergola ha deciso che il dibattimento è necessario per far chiarezza anche sulle posizioni più marginali. Il processo comincerà l'8 ottobre davanti al collegio presieduto dal giudice Alberto Rossi per 14 imputati e tre società (le croate e la slovena). In quell'occasione l'avvocato Damijan Terpin riproporrà il patteggiamento per Marija Rade, la contabile slovena a cui il gup Monica Biasutti ha respinto l'accordo raggiuntio con i Pm: 2 anni, 10mila di multa, pena sospesa e 88mila euro versati a favore delle vittime sono stati ritenuti insufficienti rispetto alla gravità delle accuse.
Quello di Terpin ieri è stato l'ultimo intervento delle difese. Ha tentato di strappare un non luogo a procedere per la sua assistita. E lo ha fatto con un affondo nei confronti degli inquirenti. «La Rade - ha detto - ha dimostrato con documenti la sua buonafede. Ha svolto il suo lavoro di consulente esterno senza aver consapevolezza della truffa, tanto che ha investito denaro nella Venice. Chi ha imbastito le società inglesi e incassato buona parte dei 67 milioni, invece, è fuori dal processo». Il legale si riferisce ai collaboratori che Gaiatto aveva in Croazia. «Karin Perusko - ha detto - era la contabile delle società inglesi in Croazia, stesso ruolo della Rade in Slovenia. Sapeva tutto ed è stata lei, nell'agosto 2017, a dire che i soldi erano spariti. Non sono stati indagati nè Marco Cavalli nè Mario Bariggi. E Marco Drigo, che pur ha avuto un ruolo in Venice, si è costituito parte civile. Dovevano essere indagati e dire dove sono finiti i soldi».
Terpin difende la Rade puntando il dito contro coloro che hanno gestito la Venice nel periodo in cui è stata incassata la maggior parte del denaro. «Chi abbia costituito le società, le abbia gestite e abbia incassato i soldi emerge dalle carte. È indiscutibile e non si spiega il motivo per cui abbia ottenuto l'impunità», ha tuonato. Ma l'avvocato Fabio Pavone, che tutela Marco Drigo, direttore di Venice Investment Holding Ltd tra febbraio e giugno 2017, censura il collega: «Quello che è stato detto in aula non risulta negli atti processuali, l'azione penale non riguarda Drigo. Siamo parte lesa e continueremo a sostenerla nel processo».
I risarcimenti? Resta aperto uno spiraglio con il sequestro conservativo chiesto dagli avvocati di parte civile Luca Pavanetto, Antonio Malattia e Daniela Magaraci. Il gup deve ancora esprimersi. Se l'istanza sarà accolta, sono a rischio i beni personali di coloro che ieri sono stati rinviati a giudizio: Marija Rade (Capodistria), Massimiliano Vignaduzzo (San Michele al Tagliamento), Claudia Trevisan (Fossalta di Portogruaro), Giulio Benvenuti (Vicenza), Marco Zussino (Basiliano), Luca Gasparotto (Cordovado), Andrea Zaggia (Saccolongo), Daniele Saccon (Mareno di Piave), Massimo Osso (Palmanova), Flavio Nicodemo (Teglio Veneto), Massimiliano Franzin (Oderzo), Moreno Vallerin (Due Carrare), Massimo Minighin (Fossalta di Portogruaro).
Soddisfatte le parti civili. «Confidiamo nella giustizia, adesso si può cominciare a discutere di risarcimenti», hanno detto all'unanimità Gianluca Liut, Michele Peretto e Roberto Cescutti. Ma in aula si scontreranno con difese agguerrite, pronte a far sfilare decine di testimoni. Come Enrico D'Orazio e Piergiorgio Sovernigo, che difendono gli unici imputati che non sono stati querelati: Saccon e Osso, a cui la misura era stata revocata per carenza di indizi di colpevolezza.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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