San Giorgio, il Comune scende in campo

Domenica 23 Giugno 2019
San Giorgio, il Comune scende in campo
IL SIMBOLO
PORDENONE La statua di San Giorgio è stata restituita alla città e domani, salvo imprevisti meteo, ritornerà al suo posto in cima al campanile. Ieri è arrivata la benedizione del vescovo Giuseppe Pellegrini, dopo un iter decisamente travagliato che ha visto fra l'altro il raddoppio dei costi del restauro.
LA NOVITÀ
Ma uno spiraglio si apre sulla quarta fase delle opere sul campanile, quelle ancora da finanziare: il sindaco Alessandro Ciriani ha annunciato infatti che il Comune farà la sua parte. Sono infatti solamente tre le fasi completate, come ha spiegato il parroco Roberto Laurita, affiancato da don Simone Toffolon, incaricato diocesano per i beni culturali: «È necessaria ancora una serie di interventi che riguardano direttamente la torre campanaria e che dovranno permettere il riutilizzo delle campane. Ma collocando la statua dimostriamo per ora di non essere rimasti con le mani in mano». Per quanto riguarda i finanziamenti, la prima fase, quella dei lavori urgenti per la messa in sicurezza, sono stati realizzati grazie alla Curia. La seconda fase è stata realizzata grazie ai 300mila euro stanziati dalla Regione, mentre la Fondazione Friuli ha garantito il restauro della statua che alla fine è costato più del doppio di quanto preventivato. Per la quarta fase, portano bene le parole di Giuseppe Morandini (Fondazione Friuli), che sottolinea come i contributi della Fondazione per interventi di restauro di beni della comunità fungano da volano per altri aiuti, al punto da arrivare addirittura a decuplicare la somma. In questo caso, la promessa è arrivata dal sindaco Alessandro Ciriani: «Una statua messa a terra non è soltanto una mutilazione edilizia del campanile, ma era la città stessa a essere mutilata. Ecco perché lo sforzo corale di tante persone è stato assolutamente giustificato, per restituire un pezzo fondamentale delle radici della città. Adesso faremo anche noi la nostra parte per la quarta fase, proporzionalmente alle sostanze di cui disponiamo».
CERIMONIA
La benedizione e la presentazione alla comunità, che avrà tempo ancora oggi per vederla da vicino, è stata l'occasione per ricostruire tutto il percorso, a partire dalla prima rottura di un perno che ha silenziato le campane. Il racconto è stato affidato al direttore dei lavori, Sergio Dell'Anna, a partire dalla salita in cima al campanile di Angelo e Alberto Bomben, dell'omonima impresa, che hanno documentato le condizioni della cella campanaria e delle due celle superiori fino ai quattro giganti e infine alla base della statua, in condizioni di grave degrado e con chiazze rossastre sul rivestimento in rame, indice di processi di corrosione. Di qui, nell'aprile del 2016, il via ai lavori urgenti di messa in sicurezza del gruppo statuario, «che - racconta l'ingegnere -, una volta raggiunta, oscillava sotto la pressione di una mano». Poi la rimozione della statua e nell'aprile del 2017 il via ai lavori di restauro e risanamento conservativo della parte sommitale, che hanno visto fra l'altro il rifacimento del castello delle campane su due livelli anziché su uno, a causa dell'esiguità dello spazio disponibile. All'interno della sfera è stata poi realizzata una complessa struttura d'acciaio, sulla quale poggerà la statua. E le difficoltà non sono certamente mancate: il lavoro in quota e in spazi angusti, con l'altezza di un vano di poco superiore al metro, l'accessibilità al campanile, che richiede l'impiego di tecniche di tipo alpinistico con imbrago, moschettoni e casco. Per la struttura della statua sono stati impiegati, al posto del ferro, elementi in acciaio inox: questo perché il materiale non presenta problemi di compatibilità elettrochimica con il rame, e quindi non è soggetto a corrosione. Ma dove è stata la statua in questi anni? A custodirla, a titolo gratuito, in un capannone, lontana da occhi indiscreti, è stato un imprenditore, Sisto Mussio, della Iral di Zoppola. E le dimensioni dell'opera hanno complicato anche alcune fasi del restauro come quella della pulizia della superficie dalle patine nocive, come ha raccontato Domenico Ruma, direttore tecnico della Laar: se la prassi prevede infatti in questi casi lavaggi intensivi mediante l'immersione degli oggetti in acqua demineralizzata, nel caso della statua del San Giorgio, per quanto suddivisa in più parti, è stato impossibile reperire contenitori idonei e si è dovuto utilizzare una piscina componibile.
Lara Zani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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