VIGONZA
«I Bolognino hanno preso a schiaffi mio fratello». È l'ennesima

Sabato 8 Maggio 2021
VIGONZA «I Bolognino hanno preso a schiaffi mio fratello». È l'ennesima
VIGONZA
«I Bolognino hanno preso a schiaffi mio fratello». È l'ennesima testimonianza choc nel processo al clan legato a filo diretto con la ndrangheta. E ieri, davanti ai giudici del Tribunale collegiale nell'aula della Corte d'Assise di Padova, è stata la volta dell'imprenditore edile Michele De Zanetti, fratello di Luca tra gli imputati finiti alla sbarra. L'uomo d'affari di Vigonza, con l'azienda in via Spagna, ha risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Paola Tonini della direzione distrettuale antimafia di Venezia e titolare delle indagini.
IL RACCONTO
«Il giorno 9 ottobre del 2012 - ha ricordato - è arrivato in azienda Sergio Bolognino con altre persone, e ci hanno chiesto di cedergli il 10% della società. Abbiamo risposto di no». Ma secondo il racconto dell'imprenditore edile, i Bolognino non si sono arresi. «Il giorno dopo sono tornati - ha ripreso - c'erano Michele e Sergio Bolognino. Hanno preso a schiaffi mio fratello Luca e lo hanno minacciato di scaraventarlo giù dalla finestra. A quel punto è stato costretto a firmare, falsificando la mia firma, e ha ceduto il 10% della società».
IL METODO
Durante il processo, grazie alle testimonianze di altri imprenditori finiti nel mirino dei Bolognino, è emerso come il clan a forza di minacce riusciva a ricattare gli uomini d'affari del Veneto. Il racconto più dettagliato è stato quello fornito, il 21 di novembre dell'anno scorso, dal piccolo imprenditore di Noventa Vicentina, Ercole Mazzetto. In più di una occasione dal 2013 è stato costretto a frequentare Mangone, secondo gli inquirenti l'uomo ingaggiato dal clan per riscuotere i soldi dei debitori della ndrangheta. Mazzetto in alcune circostanze gli ha fatto anche da autista e lo ha sentito minacciare i debitori. «Un giorno - ha raccontato - siamo andati nelle Marche fino ad Ancona. Qui Mangone ha incontrato un uomo e gli ha detto se non paghi ti strappo le gambe. Quella volta è riuscito a riscuotere 34 mila euro». E poi l'imprenditore vicentino lo ha ascoltato altre volte al telefono mentre minacciava i debitori: «Usava frasi come ti strappo il cuore, ti stupro la moglie e la figlia, e ti cavo gli occhi. So che girava con un coltello dalla lama lunga almeno 40 centimetri. Lo chiamava spadino e lo teneva nascosto sotto il sedile della sua Audi. Non solo un coltello, ma un simbolo del potere delle cosche. Si tramanda di generazione in generazione». E poi Mazzetto ha raccontato anche come Mangone teneva in pugno le sue vittime. «Se non avevano soldi - ha proseguito - chiedeva ai debitori orologi e gioielli come ipoteca. Una volta si è fatto consegnare anche dei quadri. Opere che avevo visto anche io molto tempo prima. Tele con dipinte delle madonne con il bambino e del valore di circa 50 mila euro».
Marco Aldighieri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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